Giovedì 2 agosto 2001    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

CAPITOLO XV

Uso delle persone del verbo.

(Gramm., P. II, cap. XVIII, § 6).

§ 1. Omissione dei pronomi davanti al verbo. I pronomi personali puri io, tu, egli ecc. si tralasciano per regola davanti alle corrispondenti persone del verbo, qualunque volta la chiarezza, o la forza, o la proprietà dell’idiotismo non li richiedano. (Vedi al tutto capitolo VI, § 11).

§ 2. Uso del plurale pel singolare. Spesso, o scrivendo o parlando con solennità, si adopera invece della prima singolare la prima persona plurale: e ciò specialmente nei seguenti casi:

nei decreti o bandi o lettere emanate dal capo di uno stato (forse perchè vi si comprendono anche i consiglieri e i ministri); p. es. Molte cose, figliuolo carissimo, ci confortano a sperar buon fine di questo santo negozio della Pace, al quale con la benedizione di Dio e nostra vi abbiamo destinato. Istruz. di Papa Paolo IV al Card. Caraffa. – O nei comandi e giudizi espressi a voce da alti personaggi: Il re disse: noi la vogliamo venire a visitare. Boccaccio;

nei giornali, riviste ecc. dove l’autore, nascosto sotto il nome del giornale stesso, riveste la persona dei compilatori di esso;

nelle orazioni o nelle lezioni orali o scritte, o nei colloqui col lettore, quando l’autore mostra di considerare e studiare il suo argomento insieme con chi l’ascolta.

§ 3. Ciò si può fare anche fuori di questi casi, massime nelle prefazioni e negli esordii; ed è lecito passare dal singolare al plurale e viceversa; ancorchè sia da preferirsi pure in ciò l’uniformità. Noi, autore di quest’opera, tuttochè a noi non si convenisse e forse contro a nostra volontà, fummo de ’l detto collegio. G. Villani. – Il Manzoni nella Introduzione ai Promessi Sposi dice: Nell’atto di chiudere lo scartafaccio, per riporlo, mi sapeva male che una storia così bella dovesse rimanersi tuttavia sconosciuta .... Perchè non si potrebbe, pensai, prender la serie de’ fatti da questo manoscritto e rifarne la dicitura? E più oltre: Taluni però di que’ fatti, certi costumi descritti dal nostro autore, c’eran sembrati così nuovi, così strani, per non dir peggio, che, prima di prestargli fede, abbiam voluto interrogare altri testimoni; e ci siam messi a frugar nelle memorie di quel tempo ecc. E così fino in fondo alla Introduzione.

Circa l’uso della prima plurale in senso impersonale, vedi più oltre il capitolo Dei verbi impersonali.

§ 4. Uso della seconda persona. La seconda persona, tanto singolare, quanto plurale, si adopera spesso in senso impersonale, quasi parlando al lettore o ai lettori in generale. P. es. Fisso l’avresti visto e quasi sempre pensoso. A. Salvini. – Si urtarono ferocissimamente essi e i fanti tedeschi .... Avresti veduto (già incominciava il sole ad apparire) piegare ora questi, ora quelli. Guicciardini.

Dalla seconda persona singolare, specialmente dell’imperativo, derivano anche parecchie frasi avverbiali; per es. vuoi .... vuoi nel senso di o .... o .... ed altre molte, p. es. aspetta aspetta, non venne mai nissuno: dagli dagli (ovvero picchia picchia), quel povero albero stramazzò al suolo: cammina cammina, arrivò finalmente alla mèta. Ne segui un fuggi fuggi generale. – Fu in un batter d’occhio, vi dico: piglia, piglia; tuttociò che c’era buono a qualcosa fu preso. Manzoni. Si usa pure con molte interiezioni, p. es. To’, guarda, ve’, senti, senti un po’ ecc. – Anche i proverbi e le sentenze assumono non di rado la seconda persona; p. es. odi il Vangelo, e poi ti segna: paese che vai, usanza che trovi: dimmi chi pratichi e ti dirò chi sei: parla poco, ascolta assai, e di rado fallirai.

§ 5. La seconda plurale per la seconda singolare. La seconda persona plurale si adopera invece della singolare, quando rivolgiamo direttamente il discorso ad alcuno con cui abbiamo o a cui vogliamo dare poca confidenza; sia ciò per rispetto, sia anche per disprezzo. Questo modo si chiama dare del Voi ad alcuno, mentre dare del Tu qualifica, all’opposto, il discorso colla seconda singolare. Si suole specialmente usare parlando a Dio o ad un santo, o con un amico o parente in segno di rispetto, o con persona inferiore di condizione, ma più avanzata in età.

§ 6. Usando questa maniera, bisogna avvertire di conservare in numero singolare il participio nei tempi composti, e l’attributo o il predicato tanto aggettivi, quanto sostantivi: p. es. Voi siete sano; Voi mi parete bella; Voi siete andato a casa; Voi siete pittore o pittrice.

Voi (o Dio) perdonate a noi con quella pietà, con la qual noi perdoniamo ai nostri offensori; e quando i nostri peccati ci accuseranno al vostro spaventosissimo tribunale, voi siate il difensor nostro, voi nostro protettore, voi nostro padre. Segneri. – Se io non iscrivo a voi (a Benedetto Varchi suo amico), voi sapete da che procede, e mi dovete avere per iscusato, se mi godo i privilegi del dogma e della natura mia. Ma voi che avete lo scrivere per articolo di sostanza nell’amicizia, e scrivete per consuetudine e per diletto, mi fate maravigliare a star tanto, che non ci diate almen nuova di voi. Caro. – Voi non rispondete? riprese il cardinale (a Don Abbondio suo sottoposto). Ah, se aveste fatto dalla parte vostra ciò che la carità, ciò che il dovere vi richiedeva, in qualunque maniera poi le cose fossero andate, non vi mancherebbe ora una risposta. Manzoni.

§ 7. La terza persona invece della seconda. La terza persona singolare e la terza persona plurale si usano invece della seconda singolare o plurale, quando rivolgiamo direttamente il discorso ad una o più persone, con cui non abbiamo o non vogliam mostrare confidenza nessuna, specialmente in segno di rispetta e di soggezione. Deriva questo costume dai titoli, soliti darsi ai personaggi ragguardevoli, di Signoria, Eccellenza, Altezza, Eminenza, Maestà, Paternità, Santità, facendoli precedere da vostra o vostre. Vostra Signoria (o in forma abbreviata Vossignoria), la Signoria Vostra, Vostra Eccellenza, le Vostre Eccellenze, la Maestà Vostra, e, in plurale, Le Signorie Vostre, Le Vostre Signorie ecc. ecc.

Questi titoli si adoperano anche parlando di persona, cui non si rivolga il discorso; nel qual caso vi si appongono i possessivi suo, loro. P. es. Oggi è arrivata Sua Maestà il Re, ovvero (ma più raro e più scelto) la Maestà del Re. Come V. M. Cristianissima potrà vedere per lettera di lor Signorie. Casa. – Dirigendo una lettera può scriversi A Sua Eccellenza il Ministro ovvero All’Eccellenza del Ministro, e così per gli altri titoli.

I verbi, i participii e gli attributi si concordano in numero e genere col titolo astratto e col pronome Ella, Elleno, che ne tiene le veci, e però si fanno di genere femminile anche quando riferisconsi a maschio. V. S. Illustrissima è occupata ed importunata da molti. Casa. – Ella sarà stata certamente occupata. Leopardi. – V. S. ne resterà soddisfatta .... Io l’amo di quanto amore io ho, e di quanto ella è degna, e pregandola per tutta la sua cortesia ch’Ella non mi sia scarsa del suo, con tutto il cuore me le raccomando. Caro. – Accetti Ella da me il mio buon animo; siccome resti certificata che questa canzone a mio giudizio è la più poetica, e la più piena di nobili fantasie, di quante Ella ne abbia fatte. Redi. – Signor conte pregiatissimo. Sebbene io non possa ancora darle notizia certa del partito ch’io potrò prendere circa il fermarmi qui o tornare a Bologna, non voglio però lasciare di salutarla e di ridurmele, fin da ora, alla memoria, com’Ella è e sarà sempre nella mia. Leopardi. – Alla quale V. M è debitrice di molto amore. Casa. – La questione proposta da V. S. Ill.ma (Pietro Bardi) è, onde avvenga che andando nella stagione caldissima per bagnarsi nel nostro fiume d’Arno, essendosi spogliata e trattenendosi ignuda per qualche tempo in luogo ombroso in riva al fiume, dove non sente alcuna molestia nè di caldo nè di freddo, trattenendosi, come dico, ignuda e all’ombra, nell’entrare poi nell’acqua sente notabilissima e quasi insopportabile offesa di freddo: stata poi per qualche tempo nell’acqua e assuefatta, per cosi dire, alla sua temperie, va comportando tal freddezza assai temperatamente. Galilei.

§ 8. È però usanza nelle lettere confidenziali e nei dialoghi di concordare il genere dei participii e degli attributi col sesso, piuttostochè col titolo o col pronome. V. S. sia contento d’ascoltare. Casa. – Lo veggo ricordevole di tutti gli amici suoi, e specialmente di V. S. la quale (egli) ama cordialissimamente e per le sue rarissime qualità, e perchè le pare che V. S. le sia officioso. Caro. – V. S. è guarito. Caro.

Lor signori, signore; richiedono sempre la concordanza di genere tanto negli aggettivi, quanto ne’ participii; per es. Lor signori sono molto buoni; Lor signore .... buone; lor signori sono partiti; lor signore sono rimaste (riferito a donne). Cfr. addietro, cap. V, § 7 [In realtà cap. VI, § 7 Red.].

Quando non si appone signori o signore, dicesi regolarmente essi o esse. Com’essi (parla ai suoi alunni) non hanno lasciato di farmi degli annunzi di felicità .... così pure io non posso lasciare di far loro augurii di ogni bene. P. Farini. – Dire eglino, elleno puzzerebbe di affettazione. Usare soltanto loro anche come soggetto è molto comune, ma i parlatori eleganti lo sfuggono, come pure Lei per Ella, fuorchè nei casi indicati nel cap. VI, § 6.

Nell’uso fiorentino ella si pospone quasi sempre all’interrogazione: che fa Ella? Sa Ella? Che dic’Ella? Fuori di questo caso dicesi sempre Lei per Ella.

Quanto all’uso della terza persona in senso impersonale, vedi più oltre il cap. sugli impersonali.


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