Mercoledì 14 novembre 2001    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

CAPITOLO XXIV

Uso impersonale de’ verbi.

(Gramm., P. II, cap. XXVII)

§ 1. Natura del verbo impersonale. All’aggettivo sostantivato in senso neutro (vedi addietro, capitolo II, § 7) corrisponde in qualche maniera il verbo impersonale o impersonalmente usato, non riferito cioè ad alcun soggetto personale determinato, nè espresso nè sottinteso, ma considerato assolutamente. E ciò, come vedemmo, in più modi. Parecchi di questi verbi indicano vicissitudini atmosferiche o fenomeni naturali; p. es. piove, albeggia ecc. i quali non voglion già significare che ci sia alcuno che faccia l’azione di mandar l’acqua o di trar fuori l’alba, ma soltanto che questa azione si fa, che questo fenomeno avviene. Altri indicano necessità, convenienza, caso, sentimento, come bisogna, spetta, accade, sembra, piace ecc. e questi hanno per soggetto tutto un fatto, tutto un giudizio o proposizione, sia espresso con un infinito verbalmente usato, sia con un che ed un modo finito. Altri sono frasi impersonali indicanti un concetto generale di tempo o di luogo, come ci è, vi ha, fa, corre, volge, determinato poi dalle parole seguenti. Altre sono frasi formate dal verbo essere con un aggettivo sostantivato in senso neutro; p. es. è bello, è giusto, è conveniente ecc. ecc. Altri infine esprimono l’azione come fatta da tutti gli uomini in generale, sia essa un’azione propriamente detta od uno stato; e questi diconsi impersonali riflessivi, benchè possano farai anche co’ verbi intransitivi: si scrive, si legge; si va, si vive, si nasce, si muore. È notabile il verbo darsi nel senso di succedere, accadere, esserci: si dà, si dava, si dette, si è dato ecc.

§ 2. Questo concetto impersonale non si esprime, com’è naturale, nè colla prima nè colla seconda persona grammaticale, poichè queste non si possono mai spogliare di un senso realmente personale, rappresentando la prima colui che parla, e la seconda colui, al quale si parla; mentre la terza grammaticale non involge necessariamente il concetto di persona umana o di cosa individuale. Questo concetto esclude pure il plurale, perchè la moltiplicità, espressa dal plurale, denoterebbe cose individuali e determinate. La sola terza singolare pertanto costituisce il verbo impersonale. – Anche que’ modi che non hanno persone si adoprano bene impersonalmente; tali sono l’infinito, il gerundio e, in certi casi, il participio passato.

§ 3. Per dare poi all’impersonale un’esistenza a parte, un’indipendenza da ciò che fa le veci di soggetto, alcune lingue sogliono accompagnarlo col pronome neutro di terza persona (in francese il, p. es. il pleut, il y a, il manque ecc.; in tedesco es dünkt mich, es reget [sc. regnet Red.]).

In italiano il pronome corrispondente è egli e più spesso, in forma abbreviata, e’ o gli (Vedi addietro, capitolo VI, § 13), molto frequenti nel parlar vivo e negli scrittori antichi, ma rari nell’uso moderno.

Anche ci e vi con alcuni verbi servono a dar loro senso impersonale d’esistenza locale: ci è, vi ha, ci corre, ci va ecc. benchè si possa anche ad essi premettere il pronome neutro e’ ci è, e’ ci ha.

§ 4. Esempii misti. – S’è messa la più folta neve del mondo e nevica tuttavia. Boccaccio. – Che caldo fa egli? Anzi non fa egli caldo veruno. Boccaccio. – Egli è notte buja e pioveggina. Sacchetti. – E piove al fin quando sì spesso tuona. Ciriffo Calvaneo. – Questa non è la via d’andare ad Alagna (Anagni): egli ci ha delle miglia più di dodici. Boccaccio. – Chi vuole che un libro sia gradito egli ci dee essere delle figure. Gozzi. – Fa’ conto che vi sia de’ diavoli dabbene come v’è degli uomini. Leopardi. – Egli è qua un malvagio uomo che mi ha tagliata la borsa. Boccaccio. – Non è guari che qui venne Alimeto. Boccaccio. – Oggi fa l’anno che nel ciel salisti. Petrarca. – Poco mancò ch’io non rimasi in cielo. Petrarca. – Nè d’ancora v’è d’uopo nè di sarte. Caro. – Occorsogli di vedere il ricco letto, indietro fuggendo si ritornò. Boccaccio. – Soccorrer qui, non lagrimare accade. Ariosto. – Nessuna compagnia è piacevole, a lungo andare, se non di persone, dalle quali importi o piaccia a noi d’esser sempre più stimati. Leopardi. – Non ti dispiaccia Se Brunetto Latini un poco teco Ritorna indietro. Dante. – Umana cosa è aver compassione degli affitti. Boccaccio. – È bello, è divino per l’uomo onorato Morir per la patria, morir da soldato. Arcangeli. – A voi tocca, amatissimo Redentore, di stendere sui lor colli le vostre braccia. Segneri. – Per me si va nella città dolente. Dante. – Credisi che la marina da Reggio a Gaeta sia quasi la più dilettevol parte d’Italia. Boccaccio. Hassi (si ha) a potar le viti? hassi a seminar le campagne? hassi a tagliar le selve? Segneri. – D’ogni intrigo, si può uscire, ma ci vuole un uomo. Manzoni. – Si è conosciuto che quegli desiderava il privilegio. Leopardi. – Dovunque vadasi, si va sempre in paese di suo dominio. Segneri. – La penitenza, quando s’ha buona volontà, si può farla a casa sua. Manzoni. – Si può dare un’infamità peggio di quella? Grossi.

Anche il riflessivo impersonale prende talora il senso imperativo che dicemmo a pag. 234 in nota. Quinci si va (si deve andare) chi vuol andar per pace. Dante.

Notisi l’idiotismo impersonale mi è venuto voglia, invece di mi è venuta voglia. – È venuto lor voglia di stamparla col nome mio. Casa.

§ 5. Forma passiva impersonale. Anche la forma passiva si può adoprare impersonalmente; p. es. è proibito di fumare; fu detto, fu creduto, fu imposto ovvero è stato detto, ordinato ecc. che ecc. o di ecc. È notato che (gli uccelli) mentre sono in amore, cantano meglio. Leopardi. – Se mi fosse stato creduto, i lupi avrebbero alle persone insegnato ecc. Boccaccio. – A Filomena fu imposto che ragionasse. Idem. Ed io risposi come a me fu imposto. Dante. – E brigavam di soverchiar la strada Tanto quanto al poter n’era permesso. Dante.

§ 6. Costruzione dei verbi impersonali col plurale. I verbi impersonali si possono costruire con sostantivi o con pronomi di numero plurale, considerati in senso generico e privi, per lo più, d’articolo determinato, o, più sovente, preceduti dall’articolo partitivo indeterminato. (Vedi addietro, capitolo XIII, § 9). Più spesso questi nomi si pospongono all’impersonale, come mostreranno gli esempi che qui appresso ne raccogliamo.

I prodigi avvenuti il secolo precedente in Bologna, quando vi piovve pietre. Segneri. – Ben v’è tre vecchi ancora, in cui rampogna L’antica età la nova. Dante. – V’è degli uccelli che son privi dell’intestino cieco. Redi. – Havvi (vi ha) letti che vi parrebber più belli che quelli del Doge. Boccaccio. – V’ha sedili e sponde Di vivo sasso. Caro. – V’ha alcune poche persone al mondo, condannate a riuscir male in ogni cosa. Leopardi. – Se di questo (re Oddone) non ci è figliuoli, ci sono io. Giambullari. – L’un delli quali (de’ quali) ancor non è molti anni Rupp’io. Dante. – Oggi fa ventidue giorni. Tav. Rotonda. – Ti risovviene di quella giovinetta che quattro anni fa villeggiava appiè di queste colline? Foscolo. – E’ non è molti anni che mi trovava in Genova. Sacchetti. – All’Abate parve mill’anni di sostituire il mugnaio in suo luogo. Sacchetti. – Mi tocca de’ rimproveri. Manzoni.

Ciò si fa talvolta anche con altri verbi, usati a maniera d’impersonali. Mancavi non pur parole, ma righe. Salviati. – In due mesi può nascer di gran cose. Manzoni. – Viva i miei buoni Milanesi. Grossi. (Non si direbbe mai vivano, perchè questa forma è divenuta interjezione ). – Soldati non ne verrà certamente. Manzoni. – Di quella scheggia usciva insieme Parole e sangue. Dante. – Diciamo spesso: batte le cinque, suona le otto ecc.

§ 7. Nondimeno nell’uso più nobile e costante delle scritture, questi e simili impersonali divengono personali, accordandosi in numero col plurale. Piovonmi amare lagrime dal viso. Petrarca. – Non vi hanno lettere di raccomandazione migliori, che le lettere di cambio. Bartoli. – Non v’hanno miglia che possano misurare la vastità del suo circuito. Segneri. – Egli ne son d’ogni fatta (si parla di pietre). Boccaccio. – Sapete di quel miracolo che avvenne molti anni sono in quel nostro convento di Romagna? Manzoni. – Or fan sedici anni ch’e’ mi fu tolto. Cecchi. – Fra le sue compagne d’educazione ce n’erano alcune che sapevano d’esser destinate al matrimonio (nella prima edizione ve n’era) Manzoni. – Vi son de’ momenti (nella prima edizione v’ha ecc.). Manzoni. – Di quelle cose che alla vita bisognano in questi tempi. Boccaccio.

§ 8. Riflessivo passivo col plurale. Anche il riflessivo passivo col plurale si può costruire col plurale [sic Red.]. Per bene star si scende molte miglia. Petrarca. – Del suo legno si fa ottimi pettini e cucchiaj. Crescenzio. – Spesso si sogna la notte le cose che si son vedute il giorno; e quando i sangui son più alterati, si sogna cose tanto più strane e più disordinate. Passavanti. – Secondo l’ordine dato si prese le armi. Machiavelli. – Non si trova più regni nè imperi. Leopardi. – In quest’anno non si è fatto caccie. Redi. – S’era visto di nuovo unte muraglie, porte d’edifizi pubblici, usci di case, martelli. Manzoni. – Diciamo spesso: si dà dei casi, si dà delle circostanze ecc.

Anche in questo caso, per altro, l’uso più comune delle scritture è quello personale, con che il verbo diventa un passivo regolare. (Vedi qui addietro capitolo XXIII, § 17 e segg. ).

§ 9. Costruzione degl’impersonali con un predicato plurale. Il predicato nominale (Preliminari alla Sintassi § 6) nelle locuzioni impersonali, dove il soggetto è indeterminato, si pone più spesso in plurale. Ciò primieramente cogl’infiniti. Esser molto inclinati a far del bene è mestiere certamente il più degno che l’uomo possa esercitare. Manzoni. – Bisogna ringraziare il signore ed esser contenti. Manzoni. – Così pure nella terza persona degli altri modi. Non so come, quando segue alcuna cosa contro alle leggi, allora che si dovrebbe parlare, si sta cheti. A. Salvini. – Non si diventa già filosofi per aver professato la filosofia. Ganganelli. – Quando si è ragazzi, si fa presto a correrla. Grossi. [Si può per altro usare anche il singolare: P. es.: Si perde assai spesso il caro amico e diviensi tedioso alle persone. - Casa.] [Correzione nelle Giunte p. 489 Red.] – Così pure nei tempi composti con essere, da verbi che richiedono questo ausiliare (e non avere), il participio si pone in plurale, anche se l’ausiliare resta singolare. Sei o sette giorni addietro s’è iti (ire o andare vuole essere) in pellegrinaggio. Foscolo. Così: si è partiti, si è nati, si è morti; ma co’ verbi che fuori della costruzione riflessiva richiedono avere, il participio resta singolare: stanotte si è dormito bene, tutti si è creduto.

Dopo ne in senso partitivo: Che ce ne sia stati (di quelli con un nome medesimo), si vedrà per innanzi col fatto. V. Borghini. – Di questi termometri ancora n’è andati in diverse parti dentro e fuori d’Italia. Magalotti. – E’ farebbe delle giarde (burle) in buon dato s’e’ potesse, e quando n’è fatte a lui, non si adira. Firenzuola. – Ma anche qui più regolarmente nelle scritture: che ce ne siano stati, quando ne sono fatte, in costruzione personale.

Coll’infinito si usa ugualmente bene il predicato in singolare. Il primo fondamento dell’essere apparecchiato in giuste occasioni a spendersi, è il molto apprezzarsi. Leopardi. – Ma coi modi finiti è raro, come in questo esempio: Voi altri pochi che drizzaste il collo Per tempo al pan degli angeli, del quale Vivesi qui, ma non sen vien satollo. Dante.

§ 10. La prima persona plurale e l’impersonale riflessivo. L’impersonale riflessivo, racchiudendo in sè un concetto universale e riflesso del genere umano, viene facilmente riferito alla prima persona plurale; quindi fa lega e si mescola assai facilmente con questa. La tanta propinquità (vicinanza) non ci lascerebbe mettere in battaglia, chè dalla loro archibuseria si sarebbe offesi. Varchi. – Amiamo or quando Esser si puote riamati amando. Tasso. – Se invece fossimo riusciti ad annojarvi, credete che non si è fatto apposta. Manzoni. – Con noi sciupa il Priore L’acqua battesimale E quando si rimuore Ci ruba il funerale .... Si par di carne, e siamo Costole e stinchi ritti. Giusti. – Quando siamo stracchi si dorme tutto un sonno. Franceschi. – Governo e popolo siamo novizi del pari .... Direi di fare a compatirsi e a correggersi (invece di compatirci ecc.) un po’ più all’amichevole. Giusti. – Possiamo trovarci a salvarsi la vita scambievolmente. Giusti.

§ 11. Secondo un uso del parlare toscano, uso condannato dai grammatici e fuggito dagli scrittori più corretti, il pron. noi fa spesso da soggetto al riflessivo impersonale, il quale così tien luogo della prima plurale. P. es. Noi si legge, si leggeva, si è letto, si leggerà ecc. Noi si nasce, si nasceva, si è nati, si nascerà ecc. – Non si potrebbe cercare un campione anche noi? Grossi. – O noi che s’ha a stare a vedere? Giusti. – Amo di credere che come le piante vegetano meglio in un terreno piuttosto che in un altro, così noi si debba vivere e trovarsi bene, più che in ogni altro luogo, nel luogo che ci ha veduti nascere. Giusti.

§ 12. Una volta parificato il riflessivo impersonale alla prima persona plurale, s’intende bene come i Toscani dai verbi transitivi abbiano potuto formare una specie di nuovo riflessivo e di reciproco, per messo della pronominale obbiettiva ci (nel senso di noi). Essi dicono ci si guarda, per ci guardiamo, ci si ama, per ci amiamo, ci si vede, per ci vediamo, tanto in significato riflessivo (noi guardiamo noi stessi ecc.), quanto reciproco (noi ci guardiamo scambievolmente).

Un altro uso diverso da questo e di tempra certo non toscana, ma assai caro ai gazzettieri, si è quello di prendere il riflessivo impersonale, che vedemmo esser proprio soltanto della terza singolare, e dargli senso passivo riferendolo anche alle altre persone, con anteporgli le obbiettive mi, ti, lo, la; ci, vi, li o le. P. es.

mi si loda = sono lodato, a
ti si loda = sei ecc.
lo o la si loda = è ecc.
ci si loda = siamo lodati, e
vi si loda = siete ecc.
li o le si loda = sono ecc.

Questa forma di passivo dedotto per una falsa analogia dal costrutto dell’on francese, è da biasimarsi e da fuggirsi, sì perchè non conforme all’uso toscano, si perchè improprio, come quello che a si vero oggetto di questi verbi impersonali appiccica una particella sempre oggettiva, la quale poi realmente fa ufficio di soggetto, poichè mi si loda vale quanto io mi lodo in un senso riflessivo passivo, e il lo della terza persona è appunto inutile, valendo per esso il si; chè certo non vi è bisogno di dir lo si vede leggere, quando viene a dirsi lo stesso col modo legittimo si vede leggere.

Bisogna però eccettuare la terza singolare femminile la si loda, che può adoprarsi senza errore, perchè la particella pronominale la non è in questo caso l’enclitica oggettiva la (v. addietro. cap. VIII, § 22), ma anzi la proclitica, che anche in altri casi tien luogo di ella soggetto. (Ivi, § 23). Nella terza plurale potremo dire per la stessa ragione le, accordando per altro il verbo: le si lodano. Poi avete voluto torre l’autorità a’ Capitani di parte: la si è tolta. Machiavelli. – Nel giorno che (una tregua) la si bandiva per tutta Spagna venne un araldo ecc. Guicciardini.

Quest’uso erroneo qui da ultimo accennato, venne per avventura fomentato da una curiosa, anzi assurda opinione d’alcuni per altro valenti grammatici, cioè che il si riflessivo del verbo impersonale (si legge, si vive ecc.) invece d’essere una forma di sua natura riflessiva, cioè la forma enclitica del pron. se, fosse un pronome soggettivo equivalente all’on francese, ed al quale davano stranissime origini. (Vedi Gherardini, App. alla Gramm. Ital. pag. 168 e Moise, Gramm. Ital. seconda ediz. pag. 204 e seg.). Ammesso una volta ed approvato da parecchi grammatici questo assurdo, doveva conservarsi l’opinione che il si fosse soggetto, e quindi prender piede nello stile ufficiale la barbara forma di passivo sopra indicata.

§ 13. Modi che sostituiscono l’impersonale. L’impersonale riflessivo, avendo senso universale, può esser sostituito da altri modi equivalenti; e cioè:

dalla prima persona plurale, la quale si usa molto spesso nelle sentenze e nei precetti. Specialmente e sopra gli altri siamo noi obbligati al padre e alla madre, ai quali siamo tenuti non solamente per inclinazione naturale e per comandamento d’Iddio, ma eziandio per li ricevuti benefizi. S. Concordio;

dalla seconda persona singolare, molto usata nelle descrizioni: tu vedi, tu odi; avresti veduto, avresti udito ecc. ecc. (Vedi addietro, cap. XV, § 4);

dalla terza plurale riferita agli uomini in generale: ciò per altro si usa solo con pochi verbi di opinione, come dicono, narrano, vogliono (nel senso di si crede), stimano, credono ed altri di pari significato; p. es. dicono che presso il golfo della Spezia sia accaduta una grave disgrazia:

più spesso la terza plurale si usa non veramente in senso affatto indeterminato, ma relativo in generale a chi ha ideato, fatto e guidato comecchessia una cosa od un’impresa. P. es. se si parla di una disposizione presa dal Governo o da magistrati, di un edifizio diretto da architetti ed eseguito da muratori, di un dato modo di fabbricare, di una lavorazione o che so io, adoprasi il plurale: hanno fatto un decreto che tutti seggano in Tribunale e montino la guardia. – Vedi là! come mandano lesti le ruote!

Nel vivo parlar toscano odesi anche dice per si dice; p. es. Dice che al Teatro si prepara un bello spettacolo:

dal pronome uno accompagnato colla terza singolare di tutti i tempi; p. es. quando uno ha voglia e capacità, trova sempre di che vivere, invece di quando si ha ecc. si trova ecc. (Vedi addietro, cap. X, § 3, in fine)

dal nome generico l’uomo. Confessando i proprii mali, quantunque palesi, l’uomo nuoce molte volte ancora alla stima, e quindi all’affetto che gli portano i suoi più cari (potea dirsi si nuoce .... ci portano i nostri più cari). Leopardi. – Vedi anche il primo esempio qui addietro nel § 9.

È antiquato l’uso di uom senza articolo (pari al francese on) nel senso di uno, e così pure di ogni uomo per ognuno. Vedi addietro cap. X, § 3, nota.


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