Mercoledì 8 agosto 2001    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

CAPITOLO XVI

Uso dei verbi ausiliarii.

(Gramm., P. II, cap. XVIII, § 8-10)

§ 1. Tempi semplici e composti. I tempi che si formano cogli ausiliarii si dicono tempi composti, a differenza degli altri, detti semplici. I transitivi attivi e gli intransitivi hanno nell’indicativo quattro tempi composti, cioè il passato prossimo, il trapassato prossimo, il trapassato remoto ed il futuro anteriore; nell’imperativo il passato; nel condizionale il passato; nel congiuntivo il passato ed il trapassato; e nell’infinito, nel participio, nel gerundio pure il passato. La forma passiva ha composti tutti quanti i suoi tempi.

§ 2. Verbi ausiliarii propriamente detti. Gli ausiliaria propriamente detti sono due; avere ed essere, il primo de’ quali serve al concetto di azione, il secondo al concetto di stato, condizione e sim. Avere forma i suoi tempi composti coi proprii tempi semplici, p. es. ho avuto; essere si vale del participio di stare (stato), a cui premette pur esso i tempi semplici: sono stato, era stato.

I filologi hanno riscontrato con sicurezza che l’ausiliare avere è divenuto mezzo di formazione anche per alcuni tempi che pur si tengono come semplici: tali sono il futuro dell’indicativo (leggerò, ai, à ecc. = leggere ho, hai, ha ecc.), l’imperfetto del condizionale (leggerei, esti, ebbe = leggere èi, cioè ebbi, leggeresti = leggere esti per avesti; leggerebbe = leggere ebbe ecc.). Vedi la mia Grammatica Storica estratta dal Diez.

La forma attiva si serve solo dei tempi semplici degli ausiliarii, premessi al participio passato. Per sapere quali verbi richiedono l’ausiliare avere, quali essere, convien fare le distinzioni seguenti.

§ 3. Gli ausiliarii coi verbi intransitivi. I verbi intransitivi della specie A (vedi cap. XIV, § 2) usano come ausiliare essere; p. es. sono nato, erano morti, furono divenuti, è spuntato, è apparso, è invecchiato, sono infermati, sono caduti ecc. – Avresti mille volte desiderato di mai non esser nata. Boccaccio. – Vorrei che la fosse toccata a voi, come è toccata a me. Manzoni.

Vivere preferisce, come gli altri, l’ausiliare essere. Sempre lieto e contento sono vivuto e vivo. Passavanti. – Quel tempo che tra voi sono vissuto, sono vissuto certo beato. Giambullari. – Nondimeno può prendere anche avere, specialmente se si voglia porre in rilievo la materiale estensione della vita. Più d’Ecuba e più della Cumea, Ed avea più d’ogni altra mai vivuto. Ariosto. Deve poi prendere avere, se regge il falso oggetto vita, p. es. tu hai vissuto una vita felice. II verbo appartenere può costruirsi tanto con essere, quanto con avere.

§ 4. Gl’intransitivi della specie B (quelli cioè che indicano un’azione istintiva o volontaria del soggetto) prendono l’ausiliare avere: p. es. ho dormito, avea vegliato, ho parlato, ebbi pensato, ebbero pranzato, ho abitato, ho dimorato ecc. ecc. Molto avevan le donne riso del cattivello di Calandrino. Boccaccio. – Ha ragghiato oggi l’asino della porta. D. Compagni.

§ 5. Vanno sotto questa categoria anche i verbi che denotano un errore, come errare, sbagliare, ecc. Per es. ho errato. Così pure sognare (ho sognato) e sonnacchiare. Aggiungi naufragare (ho naufragato) che propriamente vuol dire rompere la nave.

§ 6. Quanto ai verbi indicanti il moto dell’animale, contenuti anch’essi in questa categoria, bisogna fare una distinzione. Quando nel verbo si considera non l’azione in sè stessa, ma lo scopo di essa, in quanto cioè essa ha ragione di semplice mezzo che serve al fine di trovarsi in un luogo, allora si adopera l’ausiliare essere. Perciò si dice sempre sono andato, sono venuto, sono partito, sono entrato, sono uscito, perchè questi verbi non pongono in alcun rilievo l’atto materiale di chi va, viene eco. Quando invece si considera più l’azione stessa o nel suo accadere o nella sua estensione, allora si usa l’ausiliare avere. Quindi si dice soltanto ho camminato (e non sono camminato), ho passeggiato, ho vagato, ho viaggiato. In conseguenza vi sono alcuni di questi verbi che, variando significato, variano pure ausiliare. Tali sono correre, montare, scendere, salire, saltare, volare ed altri. Usati nella prima maniera si costruiscono con essere, p. es. sono corso in camera, sono salito o sceso nel piano superiore o inferiore, l’uccello è volato alla preda, è volato via, fuori, in casa ecc. Usati nella seconda si costruiscono con avere: ho corso, ho salito, ho volato (per indicare semplicemente la maniera del moto), ho sceso molto, ha volato rapidamente ecc. In questo senso e con questo ausiliare essi possono avere anche un apparente oggetto, che limita l’azione stessa, per esempio: ho corso un miglio, ho corso il palio, ho salito, montato, sceso le scale ecc. (V. la P. II, dove si tratta. dei complementi).

Esercizii: Essendo Salabaetto da lei andato una sera, costei cominciò a cianciare. Boccaccio. – Io era già da quell’ombre partito. Dante. – Io ho già molto camminato. Boccaccio. – Questa notte gli ecclesiastici sono corsi a S. Martino. Ariosto. – Ascanio aveva dato al Papa non leggier motivo di dolersi di lui per esser corso con alcuni cavalli in su quel della Chiesa. Botta. – Non avea il pino allora Corso l’onde marine. Varchi.

Dimorare può costruirsi con avere e con essere. Essendoci già buon tempo dimorato. Boccaccio.

§ 7. Gli ausiliarii coi verbi riflessivi. Gl’intransitivi della specie C, vale a dire tutti i verbi conjugati in forma riflessiva (con mi, ti, si, ci, vi, si), siano essi usati in senso riflessivo o altrimenti, pigliano regolarmente l’ausiliare essere. P. es. mi sono vestito, costoro si sono odiati, egli si era spaventato, mi sono abboccato con alcuno, mi sono adirato, tu ti sei ricordato o dimenticato, si sono vergognate, mi sono messo il cappello in capo, tu ti sei guadagnato il pane, mi sono letto le rime del Petrarca.

Anche quando la particella riflessiva che accompagna un infinito dipendente, si accosta al verbo, da cui esso dipende, lo cangia in riflessivo, e muta, avere in essere; p. es. ho cominciato a lamentarmi e mi sono cominciato a lamentare; non ho saputo valermi della vittoria, e non mi son saputo valere eco. – Udì dire come s’era, per paura, gittato nel canale. Boccaccio. – Non si sono ancor favellati. Salviati. – Nella furia del menar le mani si sarebbero spesso ammazzatigli amici fra loro. V. Borghini. – Non si vuole, soffiato che tu ti sarai il naso, aprire il moccichino e guatarvi (guardarvi) dentro. Casa. – Mosse guerra a Carlo V per cacciarlo dello Stato di Milano che pochi anni innanzi si era usurpato. Segni. – Mi sono dovuto convincere (ho dovuto convincermi) Rosini. – Vi siete fatto tagliare il ciuffo (avete fatto ecc.). Manzoni. – Lì c’era una taverna che si sarebbe anche potuta chiamare un corpo di guardia (avrebbe potuto chiamarsi). Manzoni.

§ 8. Quando però le particelle riflessive sieno semplicemente termine indiretto di un verbo transitivo costrutto col suo oggetto, ed equivalgano alle forme a me, a te, a noi, ecc. allora in via d’eccezione si può adoperare anche avere, e ciò specialmente nel verso e nella nobile prosa. Si avea recati addosso tutti i peccati delle genti. Fra Giordano. – Le donne se li hanno usurpati. Berni. – S’aveva messe alcune pietruzze in bocca. Boccaccio. – T’avresti cavati gli occhi. Boccaccio.

I poeti usano maggior libertà, valendosi dell’ausiliare avere coi riflessivi o reciproci anche in altri casi. Ancisa (uccisa) t’hai per non perder Lavina. Dante. – Non così strettamente edera preme Pianta, ove intorno abbarbicata s’abbia Ariosto. – Fra casa di Bragansa e di Chiarmonte Era odio antico e inimicizia intensa, E più volte s’avean rotta la fronte. Ariosto. – Mostran per tutto già la carne nuda Che rotta s’hanno la piastra e la maglia. Berni.

§ 9. Gli ausiliarii cogli impersonali. I verbi appartenenti alla categoria D (cioè gl’impersonali od usati impersonalmente nella 3ª singolare) prendono regolarmente l’ausiliare essere, o lo danno al verbo usato impersonalmente, da cui dipendono: p. es. è piovuto, era nevicato, è cessato di tonare, è smesso di piovere e simili; è bisognato, è bastato, è toccato, è accaduto, è riuscito, è parso, è risultato, è piaciuto, è rincresciuto ecc. ecc. Era il dì davanti a quello nevicato forte. Boccaccio. – Qua e là è piovuto. Leopardi. – Voglio narrarvi una cosa, la qual di nuovo è addivenuta. S. Gregorio. – Non sarebbe riuscito levare dal suo dire una parolina e sostituirne un’altra, senza guastarlo. Segneri.

Gli stessi verbi anche usati personalmente col medesimo significato, conservano l’ausiliare essere. Queste parole m’eran sì piaciute Ch’io mi trassi oltre. Dante. – Se però i verbi, pigliando senso personale, cambiassero significato, allora rientrano sotto le regole ordinarie degli altri verbi.

Prendono l’ausiliare essere anche certi verbi transitivi denotanti suono, quando vengono usati impersonalmente; p. es. è sonata l’ora, è picchiato all’uscio (per dire hanno picchiato ecc.); è battuto il tocco.

§ 10. Il concetto d’una causa assoluta, da cui derivino la pioggia e le altre vicissitudini atmosferiche, ha portato l’uso di avere, che si sente in alcuni paesi in Toscana e fuori: ha piovuto, ha tonato, ha diluviato, ha balenato ecc. modi contrarii al parlar di Firenze, ed anche alla consuetudine più comune degli scrittori. Non si direbbe però mai altrimenti che è aggiornato, è raffreddato, è riscaldato e sim.

Le frasi impersonali composte con fare prendono per ausiliare avere: ha fatto caldo, ha fatto notte, ha fatto mestieri o d’uopo ecc.

§ 11. Gli ausiliarii co’ verbi transitivi. I verbi transitivi (vedi cap. cit., § 3) si costruiscono tutti coll’ausiliare avere; p. es. ho amato, ho odiato, ho venduto, aveva comprato, ebbi posseduto, avrebbero vinto.

Così pure quei verbi di moto, in origine intransitivi, che componendosi con certe preposizioni sieno divenuti transitivi, p. es. ho prevenuto (da venire), ho trasandato, ho raggiunto, ho preceduto (da cedere in senso di moto); ho precorso, ho sormontato ecc.

§ 12. Gli ausiliarii co’ verbi di doppio senso. Quanto ai verbi di doppio significato, transitivo l’uno ed intransitivo l’altro, si può stabilire la regola generale, che usati nel primo significato si costruiscono con avere, nel secondo con essere; p. es. ho arso il foglio, sono arso di desiderio; ho annegato un cane, il cane è annegato: ho crollato il muro, il muro è crollato; ho stramazzato a terra l’avversario, sono stramazzato io stesso; ho seccato i funghi, la pianta è seccata; ho arricchito i parenti, tu sei arricchito; ho indebolito il nemico, sono indebolito io stesso ecc. ecc.

§ 13. Ci sono però dei verbi che meritano speciale avvertenza: eccone alcuni:

Mancare, quando significa lasciar di fare qualche cosa, è retto da avere: quando significa venir meno, non trovarsi presente, vuole essere. A me basta che tu non possa dire ch’io abbia mancato dell’ufficio del vero amico. Gelli. – Niuna cosa è mancata a questo convito. Boccaccio.

Scampare, fuggire e simili verbi si usano con essere, quando sono costruiti con una preposizione; si usano con avere, quando sono costruiti con un oggetto; per es. sono scampato o fuggito dal pericolo; ho scampato, ho fuggito un percolo, l’ho scampata bella.

Passare nel senso di andar oltre e sim. richiede essere, p. es. otto dì erano passati. Boccaccio: – nel senso di varcare, superare, e sim. e in generale quando è transitivo, richiede avere: delle quali niuna il ventottesimo anno passato avea. Boccaccio. – Com’hai passato quest’anno? L’ho passato bene.

Spirare, nel senso intransitivo di passare e morire, prende l’ausiliare essere. Padre, ora sono spirati tre anni. Colombini. – Nel senso di soffiare, l’ausiliare avere.

Fiorire usato in senso intransitivo può costruirsi con ambedue gli ausiliarii; p. es. gli alberi hanno fiorito, gli alberi sono fioriti: col primo denota meglio l’azione o la causa, col secondo l’effetto e lo stato. In senso transitivo di far fiorire, o coprir di fiori, vuole naturalmente l’ausiliare avere.

§ 14. Ausiliarii nella forma passiva. I verbi transitivi, o usati come tali, quando si conjugano in forma passiva uniscono al loro participio passato tutti i tempi, si semplici come composti, dell’ausiliare essere; p. es. sono amato, sono stato amato; esser amato, essere stato amato.

§ 15. Uso di venire come ausiliare. Talora per meglio esprimere che l’azione è in atto (vedi il capitolo sulla forma passiva) o per evitare una ripetizione troppo frequente di essere, si usa come ausiliare del passivo il verbo venire, pigliandone solo i tempi semplici; p. es. io vengo colpito; egli venne battuto; coloro venivano uccisi ecc. Quando (il fatto) viene aggravato dal reo, fa parer che non sia fatto. Caro. – Tal è la forza e virtù che dalla velocità del moto vien conferita al mobile che la riceve. Galileo.

Venire dà anche spesso al participio seguente la forza di azione casuale, non volontaria. E’ mi venne veduto (vidi per caso) un orto assai ameno. Firenzuola. – Per avventura gli venne trovato un buon uomo. Boccaccio. – Si guardava di stare svolto con lui .... acciocchè non gli venisse detto alcuna parola di correzione verso di liti. Fioretti S. Francesco.

In certe frasi, specialmente in alcune che esprimono lode o biasimo, onore o disonore, invece di essere può adoperarsi andare. E lodato ne va non che impunito. Ariosto. – Poi mostra a dito ed onorata andresti Fra le madri latine e fra le spose. Tasso. – Anche con aggettivi: andar altiero, andar superbo, andar pazzo per una cosa. Quel bello di che esse (le navi) andavano adorne. Bartoli. – Veder la donna, ond’io vo sì dolente. Dante.

§ 16. Andare in senso di necessità. I tempi semplici di andare premessi ai participii passati de’ verbi transitivi nelle terze persone singolari e plurali (dell’indicativo, congiuntivo, condizionale) esprimono necessità. Un altro modo diremo da far figure che vadano (che debbano essere) gettate di bronzo. Cellini. – Questo farà il mestier come va fatto. Lippi. – Le ragioni contrarie, a volere che sieno bene e pienamente rifiutate, vanno con chiarezza e con fedeltà esposte. A. M. Salvini. – Il mercurio anderebbe ricevuto in un cappello di terra invetriata. Targioni. – Questo passivo esprimente necessità, più che nelle nobili scritture, è frequente nell’uso del parlar familiare.

§ 17. Gli ausiliarii con verbi che reggono l’infinito. Alcune volte l’infinito dipendente da un verbo è quello che determina l’ausiliare di esso.

I verbi volere, dovere, potere e più di rado sapere (nel senso di potere), benchè appartengano di lor natura alla categoria B (vedi sopra cap. XV, § 2 [in realtà cap. XIV, § 2) Red.] e perciò quando non reggono alcuno infinito, si costruiscano sempre con avere, nell’uso più costante degli scrittori e del popolo toscano prendono avere ed essere, secondo che richiede l’infinito da loro dipendente. Io la confinai nel sito proposito di sorte (in tal guisa), che se io ne l’avessi voluta cavare, la non ne sarebbe voluta uscire. Firenzuola. – Non ha mai voluto mangiare, non è mai voluta uscire. Manzoni. – Avrebbe dovuto imparare che nell’Inferno non vi è luogo di redenzione. Segneri. – Se si fosse creduto che tanto o quanto elle fossero dovute piacere al mondo, si potevano aggiungere. V. Borghini. – Che uomo è costui, il quale nè vecchiezza nè infermità dalla sua malvagità l’hanno potuto rimuovere? Boccaccio. – Io sarei potuta morire onesta. Boccaccio. – Una piccola parte del genere umano non è potuta altrimenti pervenire al presente stato civile, se non dopo una quantità innumerabile di secoli. Leopardi. – Quasi mi meraviglio che la fama di Virgilio sia potuta prevalere a quelle di Lucano. Leopardi. – Il Saladino conobbe costui ottimamente esser saputo uscire del laccio. Boccaccio. – Se però l’infinito fosse sottinteso, questi verbi conservano sempre avere. Stetti più che voluto non avrei (sottint. stare). Boccaccio. – Anche cominciare e finire per la stessa ragione sogliono prendere l’ausiliare essere. Quando l’uomo è cominciato ad arricchire ecc. Vite SS. Padri. – Prima che del guscio fosser finiti d’uscire. Redi. – I quali di que’ tempi erano incominciati a esser grandi. Malespini. – Tutti questi verbi ed altri di simile significato, reggendo un infinito di senso impersonale, ne assumono essi la forza e però usano essere: è cominciato a piovere, è smesso di nevicare, ciò non è potuto avvenire.

§ 18. La regola che abbiamo data su volere, potere, dovere con infiniti intransitivi non è per altro così costante, che non se ne possa uscire quando giovi mettere in ispecial rilievo la forza di essi verbi. – Avrebbe poi voluto essere altrove. Berni. – Se Pietro pienissimamente non avesse voluto, non avrebbe potuto morire per Cristo. S. Gregorio. – Essa ha dovuto partir di nascosto dal suo paese. Manzoni.

§ 19. Talora l’infinito conserva la forma attiva prendendo significato passivo, ed allora la forma passiva vien trasportata su questi verbi che lo reggono, i quali per conseguenza si costruiscono coll’ausiliare essere. L’abbracciò strettamente, nè mai dal suo collo fu potuta levare (potè esser levata). Boccaccio. – Questi cani, i quali a chiesa non sono voluti ricevere (non si vuole che siano ricevuti). Boccaccio. – Ma oggi questi costrutti sono poco in uso. – Si direbbe però anc’oggi: Il discorso è incominciato a copiare, ovvero, non è anche finito di scrivere: egli fu incominciato a spogliare: non fu finito di uccidere, e sim. invece di dire il discorso comincia ad esser copiato e simili.

§ 20. Ellissi dell’ausiliare. Seguendosi in costruzione coordinata due o più participii che richiedano il medesimo ausiliare, questo per regola generale si esprime soltanto col primo, e si sottintende cogli altri, benchè differiscano nel numero o nel genere. Furon fatti stare undici di diritti e fermi con catene al collo, braccia e gambe, e alli 17 di giugno portati in ceste per Londra, alle forche impiccati, tagliato il canapo subitamente, sparati vivi, il cuore e le interiora tratti, le teste tagliate, squartati, lessati i quarti e per mostra al popolo in varii luoghi confitti. Davanzati. – Avendo sempre odiata la guerra e sfuggiti i Gradi della milizia, non cessaron per questo i cittadini di eleggerlo capo. Adriani il giovine.

Se gli ausiliarii sono differenti, bisogna esprimerli tutti. Pur talvolta si trova fatto il contrario e potrebbesi con giudizio fare anc’oggi. Per es. Se non fosse che volontà lo strinse di saper più innanzi, egli avrebbe abbandonato la confessione e andatosene (se ne sarebbe andato). Boccaccio. – Il palafren ch’udito di lontano Avea quest’altri, era tra lor venuto E la vecchia portatavi (ci avea portato), che invano Venia chiedendo e domandando ajuto. Ariosto.

§ 21. Avere ed essere non ausiliarii. Vuolsi infine avvertire che non sempre avere od essere con un participio sono ausiliarii: spesso anzi il participio sta in posizione di predicato o di attributo rispetto ad un nome, ed ha valore di aggettivo; p. es. ho rotta la testa (cioè, ho la testa che è rotta). Poscia ch’io ebbi rotta la persona (il corpo) Di due punte mortali. ecc. Dante. – Intorno al collo ebbe la corda avvinta. Petrarca. – Sono ammalato (come dire, sono infermo); sono adirato (come dire sono in collera); sono pentito (come dire, sono dolente); sono aggravato dagli anni (sono grave per gli anni) e tanti altri, che pajono costrutti passivi, mentre non sono che predicati nominali. Vedi il capitolo sul participio.

§ 22. Ausiliarii impropriamente detti. Un’altra maniera d’ausiliaria sono que’ verbi che, accompagnandosi coi gerundii o cogli infiniti presenti degli altri verbi, circoscrivono talora i tempi dei modi finiti.

Stare col gerundio indica azione continuata: Così stava io fantasticando (fantasticava) in una picciola selvetta. G. Gozzi. – Stava il cardinale discorrendo con D. Abbondio sugli affari della parrocchia. Manzoni;

coll’infinito indica azione intensa. Parecchi vecchietti stavansi quivi a sedere (sedevano) intorno a un deschetto. G. Gozzi. – Così dicesi stare a fare, stare a andare, stare a confondersi ecc. – Stiamo a vedere (vediamo) infino a oggi quel che fa Guido. Cecchi. – Io sto a vedere (guardo) se voi dite pur da vero. Cecchi. – È frase di maraviglia, molto frequente; p. es. sta a vedere (guarda un po’) che non sarò pii ( padrone in casa mia. Staremo a vedere si dice con più forza che vedremo; p. es. staremo a vedere se si pentirà di quello che ha fatto. Stare per, o Esser per, con l’infinito, circoscrivono un futuro di cosa imminente. (Vedi qui appresso il cap. XX, § 17).

§ 23. Andare col gerundio indica azione continuata o frequente. Veggo Ligurio andar di qua guardando (guardare). Machiavelli. – Andava per li campi certe erbe cogliendo (coglieva). Boccaccio. – La’ ve (laddove) cantando andai di te molti anni Or come vedi vo di te piangendo: (cantai, piango). Petrarca. – Voi mi domandate che cosa vada io facendo (che cosa faccia, che cosa stia a fare) qui sulle rive dell’Elba. Algarotti. – Fra sognare e fantasticare andrai consumando la vita. Leopardi.

§ 24. Venire col gerundio indica azione graduata. Il marito si venne accorgendo (si accorse a poco a poco) che ella nel confortar lui a bere non beveva perciò essa mai. Boccaccio. – Vengo leggendo e scribacchiando (leggo ecc.) stentatamente. Leopardi. – Quel fervore d’affetto che avea la moltitudine per Marco, s’era venuto a poco a poco scemando. Grossi.

Venire coll’infinito non può fare da ausiliare. Venir di fare nel senso di aver fatto è un turpe francesismo. Je viens de lire, ho letto or ora; il vient de sonner, nous venons d’arriver, siamo arrivati.

È pure barbarismo il dire – questa cosa va a farsi, va a compiersi, va ad esser messa in pratica, invece del futuro si farà, si compirà ecc. e il dire: quest’altr’anno vado a leggere Dante per dire leggerò.

Dovere, volere, potere, si usano talvolta come ausiliarii dinanzi ad un infinito. Dovere si trova spessissimo negli antichi dopo verbi che esprimono comando, preghiera, esortazione. Richiese i chierici di là entro che ad Abraam dovessero dare il battesimo. Boccaccio. La pregò che la gli dovesse perdonare la vita. Firenzuola. – Volere è frequente anc’oggi per pregare alcuno a fare una cosa; p. es. io vi prego che vogliate ecc. Li pregai che volessero ecc. Potere è pur frequente, massime nel parlar familiare, dopo aggettivi di possibilità; p. es. è impossibile ch’io possa farlo ecc. – La somma gentilezza di lei mi cresce animo a pregarla che voglia pigliare esso ecclesiastico in protezione. Vannetti. – Ancora mi penso che molto è impossibile che l’uomo possa lungo tempo perseverare in buone operazioni. Vita di S. Girolamo. – Il Boccaccio ha detto: Primasso deliberò di volere andare a vedere la magnificenza di questo Abate.


Torna su ^