Domenica 4 novembre 2001    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

CAPITOLO XVII

Uso de’ modi e de’ tempi.

L’indicativo.

§ 1. Uso dell’indicativo. L’indicativo afferma l’azione come reale e di fatto, è il modo della certezza, e mostra che chi parla è sicuro di ciò che dice. È quindi anche il modo obiettivo, quello cioè, in cui chi parla prescinde dalle sue opinioni e da ogni condizione, considerando soltanto il fatto nella propria realtà.

Esso ha suo luogo specialmente nelle proposizioni principali (vedi Prelim., § 13), ma può anche averlo nelle dipendenti e subordinate, quando queste esprimono un giudizio positivo, una sicurezza. P. es. Questa (lettera) sarà per dirvi che io son vivo; e che quei che scrive son io e non un altro. Caro. – Si assicuri V. S. che la sua febbre mi ha tenuto afflittissimo. Redi. – Tu se’ un calamajo che mi piaci, poichè secondo il bisogno sai ungere e pungere. Gozzi.

Solamente nell’indicativo si trova ben distinto il valore temporale di presente, passato e futuro colle loro singole gradazioni (Gramm. P. II, cap. XVIII, § 8 e 17). Qui pertanto noi dobbiamo determinar bene l’uso di tutti i tempi nel loro modo indicativo.

§ 2. Il presente indica propriamente un’azione (o uno stato o modo di essere) che accade o esiste nel momento in cui parliamo, sia che cominci o duri o finisca. Chi sei? che cerchi in questi luoghi, dove la tua specie era incognita? – Sono un povero Islandese che vo fuggendo la Natura, e, fuggitala quasi tutto il tempo della mia vita per cento parti della terra, la fuggo adesso per questa. – Io sono quella che tu fuggi. Leopardi. – Quelle isole che comunemente sono chiamate Molucche, sono molte di numero e poste sotto il circolo equinoziale; e da tramontana verso mezzodì sono lontane fra di loro quasi venti leghe, e niuna di esse gira più di sei. Serdonati.

§ 3. L’uso del presente però si estende anche ai seguenti casi:

a indicare cose e fatti che durano sempre, o che si riferiscono ugualmente al passato, al presente, al futuro. Quindi le sentenze, i precetti, le considerazioni astratte di qualunque genere, adoperano il. presente. La brevità genera il più delle volte oscurezza, e la lunghezza fastidio. Ma perchè la prima e principal virtù del parlare è la chiarezza, par che ne apporti men danno l’esser fastidioso che oscuro. Varchi. – Nella vita di ciascun uomo Iddio vede innumerabili connessioni, concatenazioni o serie di avvenimenti, le quali, come tante strade maestre, conducono altre dirittamente alla gloria, altre dirittamente alla perdizione. Segneri. – A ciascuno sua patria è molto cara. Chi co’ savii conversa savio diventa. S. Concordio. – In un popolo corrotto i giovani sono oziosi, i vecchi lascivi, e ogni sesso e ogni età è piena di brutti costumi. Al che le leggi buone, per esser dall’usanze guaste, non rimediano. Machiavelli. – Le tribolazioni aguzzano il cervello. Manzoni:

per citare le parole o le opinioni di uomini celebri: S. Gregorio scrive che fu un sant’uomo che ebbe nome Costanzo. Passavanti. – Di quanta umiltà fu costui, dice S. Gregorio, il quale amò colui che lo spregiava! Passavanti. – Pitagora dice che le sfere celesti hanno un certo suono così dolce, ch’è una maraviglia. Leopardi:

nelle rubriche, ove si dà il sommario della narrazione contenuta in un capitolo, e anche nel fare un sunto di qualche racconto o dramma, o nell’esaminarne, per istudio, le particolarità. Pietro Boccamazza si fugge con l’Agnolella: trova ladroni: la giovane fugge per una selva, ed è condotta ad un castello; Pietro è preso e dalle mani de’ ladroni fugge; e dopo alcuno accidente, capita a quel castello dove l’Agnotella era, e, sposatala, con lei se ne torna a Roma. Boccaccio. – Toccherò quel solo esempio di Omero che da tanti secoli va celebrato e conto per miracolo di naturale bellezza: dico del piccolo Astianatte, che standosi in collo alla madre Andromaca vede accostarsegli il padre Ettore .... L’armatura di ferro luccicante, .... la terribil visiera abbassata spaventano il pargoletto, il qual piangendo volta la faccia ecc. Cesari:

invece del passato remoto, quando il racconto diventa descrizione e mira a porre sott’occhio le minute circostanze del fatto. Questo presente si chiama presente storico. – Non volendo egli ritirarsi dalla perfida compagnia, venne, come accade, la morte per distaccarnelo. S’ammala lo sfortunato sul fior degli anni, si abbandona, si colca, ed essendo già dichiarato pericoloso, ne viene ad esso un religioso, a me noto, per disporlo a quel passo estremo. Entra in camera, s’avvicina al letto, il saluta e con prudenti maniere comincia ad insinuarsi. Segneri. – Picchiò pian piano con intenzione di dirsi un pellegrino smarrito, che chiedeva ricovero, fino a giorno. Nessuno risponde: ripicchia un po’ più forte; nemmeno un zitto. Allora va a chiamare un terzo malandrino, lo fa scendere nel cortiletto, come gli altri due ecc. Tutto s’eseguisce con gran cautela ecc., e così di seguito. Manzoni. (Prom. Sposi, cap. VIII):

ciò si usa anche più spesso in poesia, trascorrendo liberamente dal passato al presente. P. es. così disposti messero in quel loco Le successive guardie e se ne vanno. Ariosto:

invece del futuro, quando si vuole esprimere un fatto con maggior certezza, p. es. io parto stasera per Roma. Torno subito. Domani vengo a trovarvi. Nella prossima settimana arrivano gli amici. – Questo signore viene e conviensi onorare. (Carlo di Valois aspettato a Firenze). Compagni.

§ 4. Il passato prossimo è il passato del presente, ossia indica un’azione, stato o modo di essere già compiuto, ma considerato in relazione col presente: questa relazione può aver luogo in più modi:

per la brevità stessa del tempo trascorso fra il fatto passato e il momento presente. Quindi si usa regolarmente il passato prossimo parlando di cose avvenute dopo la mezzanotte precedente al giorno, in cui parliamo; ossia nel periodo della giornata medesima. Signori miei, non vi pare una bella favola quella che abbiam raccontata questa mattina? Segneri. – Tu m’hai mandato a casa non so che cuoco, che mi ha mezzo mandato sossopra tutta la casa. Gelli. – Com’è così che il Guardastagno non è venuto? – Donna, io ho avuto da lui che egli non ci può essere di qui a domani. Boccaccio. – Misericordia! cos’è stato? gridò Perpetua, e volle correre .... Misericordia, non avete sentito? replica quella. Manzoni: si usa pure il passato prossimo, quando si dà notizia d’un fatto accaduto anche qualche giorno prima, senza però indicarne precisamente il tempo. Ciò si pratica specialmente ne’ dispacci telegrafici o nelle notizie più recenti; p. es. L’Inghilterra ha contratto un prestito di cento milioni. – Il tale è stato assoluto da’ Giurati di ecc.:

perchè il fatto vien da chi parla riferito ad un periodo di tempo, sia pur lunghissimo, il quale dura tuttora. Tal periodo è determinato da ispeciali parole, ovvero dal senso del discorso. P. es. questa settimana, questo mese, quest’anno ecc. questo secolo ecc. durante la vita ecc. dal principio del mondo fino a noi ecc. sempre, in tutti i tempi fino ad ora ecc. tante volte, spesso. ecc. Corrado Gianfigliazzi sempre .... è stato nobile cittadino, liberale e magnifico; e vita cavalleresca tenendo continuamente, in cani ed in uccelli si è dilettato. Boccaccio. – Ho fatte mie piccole mercatanzie ed in quelle ho desiderato guadagnare. e sempre co’ poveri di Dio quello che ho guadagnato ho partito per mezzo: e m’ha sì il mio creatore ajutato, che io ho sempre di bene in meglio fatti i fatti miei. Boccaccio. – In questo secolo toccato a noi noia ha Iddio chiaramente dato a conoscere che le sue minaccie non sono altrimenti fallaci? .... A noi forse nella nostra Italia è toccata la minor parte di tali disavventure. Segneri:

perchè il fatto dura ne’ suoi effetti, ed è in qualche modo presente a noi. Alcuni che hanno scritto delle repubbliche, dicono essere in quelle uno de’ tre stati (perchè i loro scritti rimangono e fanno autorità). Machiavelli. – Hanno variato il nome non solamente le provincie, ma i laghi, i fiumi, i mari e gli uomini (dura tuttora il nome che hanno variato). Machiavelli. – Con queste arti io ho tra tanti dispareri non solamente mantenuta, ma accresciuta la riputazione mia in questa città. (È Giovanni de’ Medici, che ritiene tuttora l’autorità acquistatasi). Machiavelli.

§ 5. Talora si adopera insieme col presente storico, invece di un altro presente. Ed or gli ha messo (gli mette) il cauto Saracino La punta della spada ne la gola. Ariosto. – Chi qua, chi là si spargono, ed han tosto Preso (prendono) ogni passo, onde si possa uscire. Ariosto.

Intorno all’uso del presente dopo mentre, vedi Parte II, dove si tratta delle proposizioni temporali.

§ 6. L’imperfetto è il presente del passato; denota cioè un’azione o uno stato che si riguarda come presente rispetto ad un tempo passato, ed è il tempo più appropriato alle descrizioni di cose o fatti che furono nel passato. L’imperfetto accenna quindi ad azioni d’una certa durata e continuità, sia per propria natura, sia per ripetizione di atti:

per propria natura: Il cielo prometteva una bella giornata: la luna, in un canto, pallida e senza raggio, pure spiccava nel campo immenso d’un bigio ceruleo che giù giù verso l’oriente s’andava sfumando leggermente in un giallo roseo. (Ciò accadeva nel momento in cui Renzo svegliatosi si diresse verso la riva dell’Adda). Manzoni

per ripetizione di atti. Nella villa di Filettole, in un albero molto bello, faceva il nido un uccello ogni anno e appresso gli dimorava una serpe, la quale bene spesso gli divorava i figliuoli, poich’erano grandicelli. Firenzuola. – Il P. Felice girava di giorno, girava di notte per i portici, per le stanze, per quel vasto spazio interno, animava e regolava ogni cosa; sedava i tumulti, faceva ragione alle querele, minacciava, puniva, riprendeva, confortava, asciugava e spargeva lagrime. (Ciò, durante la pestilenza di Milano, nel momento in cui Renzo giunse al lazzeretto). Manzoni.

§ 7. Perciò in unione con altri tempi passati (o col presente storico) indica le circostanze che accompagnano un’azione principale. Già si tacea la Fiaminetta e ciascun rideva ancora del nuovo argomento dallo Scalza usato, quando la reina (regina) ingiunse a Filostrato che novellasse. Boccaccio. – Alla moglie che dirottamente piangea, disse: Luisa mia, quanto posso io vivere? Davanzati. – L’assediato, vedendo che il nemico non dava segno di ritirarsi, aprì una finestra. Manzoni. – Mentre una notte (Venceslao) soletto se ne tornava, conforme era suo solito, dalla chiesa; eccoti Boleslao che uscendo dagli agguati, lo investe col ferro ignudo. Segneri.

Spesso un imperfetto sta in corrispondenza di un altro, e ciò quando le due azioni sono contemporanee fra loro, e durano ugual tempo. Mentre il dottore leggeva, Renzo gli andava dietro lentamente con l’occhio. Manzoni.

§ 8. Talora l’imperfetto denota un tentativo od un principio di azione, che non ha poi compimento, perchè interrotta d un’altra. Già si chinava ad abbracciar li piedi Al mio dottor; ma e’ gli disse: frate, Non far ecc. Dante.

Quindi si usa anche in luogo del passato del modo condizionale, principalmente coi verbi dovere, potere e cogl’impersonali : bisogna, conviene, fa d’uopo ed altri simili, indicanti convenienza. Mio nome doveva essere (avrebbe dovuto) Giacinto Albonesi. Luigi Muzzi. – Fingete che si fossero trattenuti a quei giuochi, a cui forse potevano (sarebber potuti) intervenire senza grave rimordimento. Segneri.

Ciò avvien pure spesso nei membri periodici condizionali, come vedremo a suo luogo nella Parte II.

§ 9. Alcune volte, per porre in maggior rilievo e quasi per rendere perenne un’azione di sua natura passeggiera e momentanea, si suole usare, narrando, l’imperfetto invece del passato remoto (vedi più oltre): ma non bisogna abusarne, come si fa oggi dai gazzettieri. – La domenica 26 di maggio, essendo il tempo bello ed il sole lucidissimo, s’incoronava (s’incoronò) il re. Botta. – Saliva (salì) il re all’altare e, presasi la corona ed in capo postolasi, disse: ecc. Botta. – Singolare volontà che gli (all’Alfieri) faceva imparare il greco a cinquant’anni! Gioberti.

§ 10. Talor avviene che, trattandosi d’un fatto passato, si pongono all’imperfetto anche certe circostanze che dovrebbero stare in presente, perchè si verificano ugualmente nel tempo che parliamo; come se, p. es. parlando d’una città ancora in piedi, ne descrivessimo le parti relativamente ai personaggi del racconto, e prescindessimo dalla conservazione posteriore delle medesime. Questo dicesi imperfetto di attrazione o di analogia, ed ha luogo specialmente nel discorso indiretto (vedi la Parte II), quando si fa proferire ad una persona una sentenza vera anche fuori del suo tempo, dove pure si usa talora l’imperfetto invece del presente. Dicendogli (a Cosimo) alcuni cittadini .... che si guastava la città e facevasi contra (contro) Dio a cacciare di quella tanti uomini dabbene, rispose: com’egli era meglio città guasta che perduta .... e che gli stati non si tenevano con i paternostri in mano. Machiavelli.

§ 11. L’imperfetto si usa pure talvolta per accennare a cosa fatta o detta poco prima del momento in cui si parla, a guisa del passato prossimo. – Il desiderio, come dicevamo poc’anzi, non è mai soddisfatto. Leopardi. – Or dianzi io qui giungea. Alfieri.

§ 12. Il trapassato prossimo è uguale all’imperfetto, ed ha i medesimi usi di quello, se non che esprime azione compiuta; è un imperfetto non in atto, ma in effetto e, per usare il linguaggio dei matematici, esso sta all’imperfetto, come il passato prossimo sta al presente.

§ 13. Si usa quindi per indicare un’azione già compiuta rispetto ad un’altra posteriore, che vien significata o coll’imperfetto o col passato remoto o prossimo, o col presente storico. Non ammetteva distinzione dai negozii ai trastulli; e sempre che era stato occupato in qualunque cosa, per grave ch’ella fosse, diceva d’essersi trastullato. Solo se talvolta era stato qualche poco d’ora senza occupazione, confessava non avere avuto in quell’intervallo alcun passatempo. Leopardi. – Già per tutto aveva il Sol recato colla sua luce il nuovo giorno, e gli uccelli su per li verdi rami cantando piacevoli versi ne davano agli orecchi testimonianza, quando le donne ed i giovani ne’ giardini se n’entrarono .... e siccome il trapassato giorno avean fatto, così fecero il presente. Boccaccio. – Ritrova, contro ogni sua stima, invece Della bella che dianzi avea lasciata, Donna sì laida, che la terra tutta Nè la più vecchia avea, nè la più brutta. Ariosto.

§ 14. Il passato remoto indica un’azione, stato o modo di essere avvenuto nel passato, e senza alcun legame col momento, in cui parliamo. Esso sta dunque in opposizione col presente, anzi lo esclude affatto, onde dagli antichi grammatici era chiamato perfetto, cioè compiuto, non misto di alcun presente; e differisce anche dall’imperfetto, perchè non ha necessaria relazione con altra azione ad esso contemporanea. Questa esclusione del presente può avvenire:

o perchè si accenni a un periodo di tempo già finito: quindi si usa regolarmente il passato remoto, quando parliamo di cosa avvenuta ieri, o in un periodo qualsiasi determinato e anteriore al giorno d’oggi. Questa mattina ho rappresentato ecc. quanto da V. S. Ill.ma mi fu ieri imposto intorno alla sua partenza per Pisa. Redi. – Pur ier mattina le volsi le spalle. Dante. – E già iernotte fu la luna tonda. Dante. – Se tu ieri ci affliggesti, tu ci hai oggi tanto dilettate, che niuna meritamente di te si dèe rammaricare. Boccaccio:

o perchè si accenni a un tempo storico preciso, una data, un anno, un’età già nota. Ne’ tempi del primo re di Cipri, dopo il conquisto fatto della Terra Santa da Gottifrè di Buglione, avvenne che una gentil donna di Guascogna .... da alcuni scellerati uomini villanamente fu oltraggiata. Boccaccio. – Essendo l’impero di Roma da’ Francesi ne’ Tedeschi trasportato, nacque tra l’una nazione e l’altra .... acerba e continua guerra. Boccaccio:

o perchè la separazione dal presente si accenni con espressioni indeterminate, quali sarebbero una volta, un tempo, anticamente, già e simili. Nella nostra città, non sono ancora molti anni passati, fu una gentildonna ecc. Boccaccio. – Narrano le antiche cronache, ch’egli fu già in Portogallo un uomo dabbene ecc. Gozzi. – Più spesso però tali espressioni sono sottintese. Fu in Firenze un nobile giovine, il cui nome fu Tebaldo degli Elisei. Boccaccio.

[Si può usare, specialmente in poesia, il passato remoto dove il senso richiederebbe il trapassato prossimo. P. es. Pure alfin si levò da mirar l’acqueE ritornò dove la notte giacquecioè, era giaciuta.] [Correzione nelle Giunte p. 489 Red.]

§ 15. Il passato remoto è pertanto il tempo proprio della narrazione, come l’imperfetto della descrizione: indica l’azione non in quanto dura, ma in quanto passa per dar luogo ad un’altra seguente; ed unito coll’imperfetto o col trapassato prossimo tiene esso la parte principale, lasciando a questi l’uffizio di significare le circostanze accessorie. Aveva un uccellatore in quel di Prato presa un quaglia e .... avevala attaccata a piede d’una finestra .... Della qual cosa avvedutosi uno sparvieri, subito vi fece su disegno. Firenzuola.

§ 16. Talora (specialmente in verso) si usa il passato remoto per indicare un fatto che si è avverato fino ad oggi (e al quale per conseguenza converrebbe meglio il passato prossimo), o che si è avverato e si avvererà sempre, come ne’ proverbi e nelle sentenze (vedi sopra § 3 in princ.). Mal fu la voglia tua sempre si tosta. (Così dice Virgilio al centauro Nesso). Dante. Raro un silenzio, un solitario orrore D’ombrosa selva mai tanto mi piacque. Petrarca. – Cosa fatta in fretta non fu mai buona. (Proverbio). – Molte fiate già pianser li figli Per le colpe de’ padri. Dante. – Passasti. Ad altri Il passar per la terra oggi è sortito .... Ma rapida passasti (sei passata). Leopardi. – Volli, sempre volli e fortissimamente volli. Alfieri.

§ 17. In generale nel verso il passato remoto può fare in tutti i casi le veci del prossimo, anche se si tratti di un fatto accaduto nel giorno stesso in cui si parla o pochi momenti prima. E s’io fui dianzi alla risposta muto Fat’i (gli) saper che il fei (feci) perchè pensava Già nell’error che m’avete soluto (sciolto). Dante. – Udisti? Udii. Vedesti? Io vidi. Oh rabbia (di cosa accaduta durante la scena medesima). Alfieri. – Ove nascesti? (sei nata). In Argo. Alfieri. –

Anche in prosa, quando lo scrittore richiama una cosa detta poco prima, può usare talora, invece del passato prossimo o dell’imperfetto, il passato remoto. Per es. come dissi testè: o, in figura di sospensione, presso ch’io non dissi; quasi non dissi ecc.

§ 18. Il trapassato remoto esprime un’azione compiuta rispetto ad un tempo passato remoto, e mette in rilievo il compimento di quell’azione, che il passato remoto accenna semplicemente. Alzata alquanto la lanterna, ebber veduto il cattivel d’Andreuccio. Boccaccio. – Posta la mano sopra una di quelle arche, prese un salto e fussi (si fu) gittato dall’altra parte. Boccaccio. – Per certe strade li trasviò ed al luogo del suo signore, senza ch’essi se n’accorgessero, li ebbe condotti. Doccaccio. – Di rado si usa in questa maniera nella prosa, perchè ne può far le veci il semplice passato remoto, come quello che involge di sua natura anche il compimento d’un’azione.

Si adopera bensi regolarmente nelle proposizioni temporali subordinate, per indicare un’azione accessoria che ne precede immediatamente un’altra principale, significata col passato remoto. (Vedi la Parte II).

§ 19. Il futuro denota un’azione o stato o modo di essere che si aspetta dover accadere in un tempo avvenire vicino o lontano; sia che dipenda dalla nostra volontà, sia che nasca da altra cagione. La presente opera avrà grave e noioso principio. Boccaccio. – Quanto io amerò la Spina, tanto sempre per amor di lei amerò te. Boccaccio. – Vossignoria non saprà niente di queste cose. Manzoni.

Circa l’uso del futuro indicativo nel senso d’imperativo, vedi il capitolo seguente.

§ 20. Si usa pure per indicare con incertezza e dubbio un fatto presente. Monsignore illustrissimo, avrò (posso avere, forse ho) torto. Manzoni. – Dirà (può dire) il signor curato che son venuto tardi. Manzoni;

o in luogo d’un condizionale: Si dovrà Venceslao chiamare un infame? .... Chi si sdegnerà d’essere infame ancor egli in compagnia di sì nobili personaggi? Segneri.

§ 21. Quando l’azione da farsi è imminente, il futuro si circoscrive colle frasi essere per, stare per, ed un infinito. Io sono per ritirarmi del tutto di lui. Boccaccio. – Io sto per dirvelo. Cecchi.

Vedi più oltre sull’uso dell’Infinito.

§ 22. Il futuro anteriore indica un’azione compiuta nel tempo futuro: Quando tu avrai trovato che Iddio non sia, che avrai fatto? Boccaccio.

Si adopera specialmente e più spesso nelle proposizioni temporali subordinate. Vedi la Parte II.

Anch’esso, come il futuro semplice, può prendere il senso d’incertezza e dubbio. Se i libri non hanno beneficato lo stato degli uomini in altro, l’avranno (forse lo hanno ecc.) vantaggiato ne’ costumi. Gozzi. – La più parte degli sgherri di casa se n’erano andati. Chi avrà cercato (forse aveva cercato) altro padrone, chi si sarà arrolato ecc. Manzoni.


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