Giovedì 12 luglio 2002    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

CAPITOLO VI

Proposizioni subordinate avverbiali.

§ 1. Le proposizioni subordinate che modificano il senso della proposizione principale determinando la maniera e le circostanze dell’azione espressa dal principal verbo, possono ridursi alle seguenti: locali, temporali, causali, finali, condizionali, concessive, di maniera e guisa, comparative, consecutive. Discorreremo brevemente di ciascuna, assegnando le congiunzioni che vi si adoprano, e dandone qualche esempio.

§ 2. Proposizioni locali. Le proposizioni subordinate locali si uniscono alla principale per mezzo degli avverbi relativi (vedi P. I, cap. XXVII, § 10) ove, dove, onde, donde, dovunque (e in verso anche ove che). I primi due possono significare stato in luogo, moto a luogo e moto per luogo; e così pure l’ultimo, ma in senso indeterminato. Onde e donde hanno il senso di moto da luogo. Esempli: È finita la festa, e poi ciascuno va dove gli piace. Boccaccio. – Dove è religione, si presuppone ogni bene; dove manca, si presuppone ogni male. Machiavelli. – Egli era disposto d’andare dovunque a lui fosse a grado. Boccaccio. – Con costruzione correlativa: Dov’è l’amore e il piacere, ivi va l’occhio. Passavanti.

Col verbo sottinteso. Se tu vuoi star dove me, tu non hai a tôr donna in dono. Cecchi.

È un errore popolaresco il rinforzare l’avverbio locale dove con un avverbio dimostrativo (lì, là, ci) p. es. vidi una piazza, dove là correva tutto il popolo; in mezzo era posto un trono, dove ci stava il principe.

§ 3. Proposizioni temporali. Si uniscono alla principale mediante le congiunzioni di tempo, che sono molte e svariate.

Quando, allorquando, allorchè, come indicano largamente un periodo o momento di tempo, in relazione colla prop. principale. Vitellio, quando fu presa Roma, s’uscì di palagio dalla parte di dietro. Davanzati. – Come il sol volge le infiammate rote, L’avaro zappator l’arme riprende. Petrarca.

Mentre, mentre che, nel mentre che, in quella che, finchè ecc. indicano contemporaneità fra la prop. subordinata e la principale. Mentre ch’io parlo, il tempo fugge. Petrarca. – Qual è quel toro che si slaccia in quella, C’ha ricevuto già ’l colpo mortale. Dante. – Finchè uno ha denti in bocca, non si sa quel che gli tocca. Proverbii.

Mentre, mentrechè, quando e l’avverbio locale dove, laddove indicano anche spesso una contrarietà fra due idee. Tal è la sventura degli uomini costituiti in certe dignità, che mentre così di rado si trova chi li avvisi de’ loro mancamenti, non manca poi gente coraggiosa a riprenderli del loro far bene. Manzoni. – Il volgo s’inganna pensando che i colori siano qualità degli oggetti, quando non sono degli oggetti, ma della luce. Leopardi. – Dove prima ei non avevano mai voluto seguitare i consigli del papa, furono forzati a ricorrere a quello per aiuto. Machiavelli.

§ 4. Subito che, tostochè, tosto come, ratto che (poetico), appena che, come prima ecc. segnano la immediata successione dell’azione principale alla subordinata. Di tutti questi ordini si perderono alquanti tosto che furon creati. Dante. – Come prima fu libera l’Italia dai Goti, Giustiniano morì. Machiavelli. – Appena era egli sceso, che io il domandai. Ovidio del Trecento. – Appena gli parve ora di poter presentarsi al curato .... v’andò. Manzoni.

In forma correlativa come... così. E come ’l barattier fu disparito, Così volse gli artigli al suo compagno. Dante.

Altre congiunzioni di uguale o simile valore sono non sì tosto .... che, non appena .... che, non prima .... che. Non vi erano appena giunti, che il conte, volgendosi alla figlia, le diceva. Grossi.

Spesso serve allo stesso significato la particella che interposta fra il participio passato e l’ausiliare (avere, essere) posposto sempre al participio. Finito ch’ebbe di leggere, stette lì alquanto a pensare. Manzoni. – Sciolto che fu il Pagan con leggier salto, Dall’ostinata furia di Bajardo, Si vide cominciar ben degno assalto. Ariosto.

§ 5. Dopochè, poichè, dappoichè, dacchè, e di rado posciachè, segnano un tempo anteriore alla proposizione principale. Dopochè fu consacrato e coronato ..., imperò quattordici anni. G. Fiorentino. – A te convien tenere altro viaggio, Rispose poi che lagrimar mi vide. Dante. – Dacchè segna più precisamente tutto un tempo fino dal principio. Ed io da che comincia la bell’alba, Non ho mai tregua di sospir. Petrarca. – Quando da che si riferisce ad un nome indicante il tempo trascorso, si suole omettere da. Quanti anni son che il Boccadoro scrisse Questo de’ tempi suoi! G. Gozzi. – Già il sesto anno volgea che in oriente Passò il reame cristiano all’alta impresa. Tasso.

§ 6. Anzi che, avanti che, prima che, finchè, fino a tanto che e sim. indicano che il tempo della prop. subordinata è posteriore a quello della principale. Si trovò alla Malanotte un po’ prima che la carrozza ci arrivasse. Manzoni. – Seguirò l’ombra di quel dolce lauro, Finchè l’ultimo dì chiuda questi occhi. Petrarca.

Finchè, fintantochè in questo senso si accompagnano spesso coll’avverbio negativo non. Il mio cuore non può essere in pace, finattantochè egli non si riposi in voi. Trattato della Sapienza. – Non si destò finchè garrir gli uccelli Non sentì lieti. Tasso. – E stia giù fuori cogli orecchi intenti, Tra quelle schiere finch’ei non intenda ecc. Lippi. – Ciò specialmente si fa quando anche la prop. principale abbia senso negativo, e quando ad ometter l’avverbio non potrebbe sorgere equivoco.

Qualora, ogni volta che, qualunque volta che, ognora che, sempre che ecc. segnano il ripetersi d’una medesima azione. Prestissimo (prontissimo) a correggermi sempre, ogni volta che da chiunque si sia mi saranno mostrati amorevolmente gli errori miei. Varchi. – Sempre che presso gli veniva, quanto potea con mano la lontanava (l’allontanava). Boccaccio.

§ 7. Temporali implicite. Le prop. temporali si fanno implicite o col gerundio (presente e passato), o col participio presente assoluto, o col participio passato, tanto assoluto quanto no, o coll’infinito preceduto da preposizioni (Vedi P. I, cap. XXI, § 8, 11, 12, 13, 14 e cap. XXII, § 3, 4, 5). Andando così insieme (mentre andavano), quel suo fratello l’ammoniva e confortava a penitenza. Cavalca. – Il Magnifico, voltatosi ridendo a Madonna Margherita, eccovi, disse ecc. Castiglione. Al suo apparire (appena egli apparve) coloro s’eran guardati in viso. Manzoni. – Dopo avere ammazzato uno .... era andato a implorar la protezione ecc. Manzoni.

§ 8. Proposizioni causali. Si uniscono alla principale mediante le congiunzioni di causa.

Perchè (talora perocchè, perciocchè) dà la ragione d’un fatto, come dichiarazione di esso, quasi rispondendo a un’interrogazione. A noi poverelli le matasse pajon più imbrogliate, perchè non sappiamo trovarne il bandolo. Manzoni. – Sogliono essere odiatissimi i buoni e i generosi, perchè ordinariamente sono sinceri e chiamano le cose coi nomi loro. Leopardi. – Si usa anche la semplice chè (segnata d’accento). Io non vi scrivo più a lungo, chè l’ora è tarda. Algarottì. – Con ellissi del verbo essere, p. es. taccio di questa cosa, perchè facile a intendersi.

Poichè, dappoichè, dacchè, giacchè, mentre, e le frasi conciossiachè, essendo che, atteso che ecc. danno la ragione d’un fatto come motivo, già noto o presupposto, di esso. Poichè i vicini a te punir sen lenti, Muovasi la Capraja e la Gorgona E faccian siepe ad Arno. Dante. – Piacerebbevi egli, poichè altrove andar non posso, di qui ritenermi? Boccaccio. – Di questo credo che sia difficile dar regola .... essendochè tra tutti gli uomini del mondo non si trovano due che siano d’animo totalmente simili. Castiglione. – Apprendete quanto sia gran male il peccato, mentre finch’egli resti nel vostra cuore, non lascia germogliare in voi frutti di vita eterna. Segneri.

Come .... così correlativi servono anche spesso per congiunzione causale. Come si credono ammirati da tutti, così ragionevolmente amano i loro creduti ammiratori. Leopardi.

È molto usata oggi, in questo senso, la congiunzione siccome, a cui suol seguire così, perciò o altro simile avverbio; p. es. siccome io non potrei ringraziarvi mai abbastanza, così (perciò) non aggiungo parola, o anche senza il secondo avverbio.

Inquanto, o inquantochè non sono veramente congiunzioni causali, ma hanno senso restrittivo; cioè spiegano e restringono il senso della prop. principale. Questa ch’io ti fo (non si può) propriamente vendetta chiamare, in quanto (in questo senso che) la vendetta dee trapassare l’offesa, e questa non vi aggiungerà (arriverà). Boccaccio.

§ 9. Causali implicite. Anche le proposizioni causali possono divenire implicite cogli stessi mezzi; col gerundio, col participio passato e coll’infinito preceduto dalla prep. per. Parve che Iddio compiaciutosi (perchè si era compiaciuto) del lor valore, li rincorasse da vantaggio. Adriani il G. – Io mi sento al fine della mia vita, non essendosi (poichè non si è) potuto trovar mai rimedio a questa mia fastidiosa indisposizione. Tasso. – Non per far, ma per non fare (non perchè abbia fatto, ma perchè non ho fatto), ho perduto Di veder l’alto Sol che tu desiri (desideri). Dante. – Ma nell’usare quest’ultimo modo, bisogna andar cauti, affinchè la prep. per non sembri finale invece che causale.

Come quello, come colui, come colei che hanno pure il senso della proposizione causale. Il buon uomo andava di giorno in giorno di male in peggio, come colui che (poichè) aveva il male della morte. Boccaccio.

§ 10. Proposizioni condizionali. Si uniscono alla proposizione principale, mediante le congiunzioni seguenti.

Se indica la condizione in modo assoluto e certo. Se tu fossi sano, molto bene potresti fare. S. Caterina. – Come verrò, se tu paventi? Dante.

Purchè, qualora, in caso o nel caso che, se mai, se pure, caso mai, in caso che, solo o solamente che, per poco che, dove, quando ecc. indicano la condizione come incerta e in modo esclusivo e ristretto. Purchè non abbiate offeso persona di riguardo, m’impegno a togliervi d’impiccio. Manzoni. – S’informano se il padrone era impazzito o no, che in caso non fosse impazzito, la sua roba ricade al pubblico per legge. Leopardi. – Per poco che la corrispondenza duri, le parti finiscono a intendersi. Manzoni. – Ov’egli avvenga ch’io scampi, io lo servirò fermamente. Boccaccio. – Cavalier, quando vi piaccia Far oggi meco i vostri alloggiamenti, Io vi farò veder .... Di tutti i pesci sorti differenti. Ariosto.

Se e perchè con ellissi di un verbo p. es. se (era) troppo lieto, lo moderava, se sconfortato, lo incoraggiava. – Datemi per isposo chi vi piace, purchè (sia) onesto.

Posto che, dato che, a patto che, a condizione che, con questo che, sì veramente che, indicano una condizione come presupposta. Gli promise il regno di Napoli con questo che restituisse alla Chiesa la terra ecc. Machiavelli. – Io sono disposto a farlo, sì veramente che io voglio in prima andare a Roma. Boccaccio.

§ 11. Condizionali implicite. Le proposizioni condizionali possono divenire implicite per mezzo del gerundio o del participio o dell’infinito colla prep. a. Morendo (se morirà) senza confessione, niuna chiesa vorrà il suo corpo ricevere. Boccaccio. – Scoprendosi o la passione o l’arte, si scema la fede al dicitore. Caro. – Io pur lo stesso gli avrei fatto, potendo. Monti. – A trargli l’osso (se gli si traesse ecc.) potrebbe guarire. Boccaccio. Vedi P. I, cap. XXI, § 8, 11.

§ 12. Proposizioni concessive. Si uniscono alla principale colle congiunzioni seguenti: benchè, sebbene, quantunque, ancorchè, avvegnachè, comecchè, contuttochè, non ostante che ecc. Benchè ciascuno di essi sia buono, tutti insieme diventeranno migliori. Machiavelli. – Alessandro, ancorchè gran paura avesse, stette pur cheto. Boccaccio. – Il medico udendo costei, contuttochè ira avesse, motteggiando rispose. Boccaccio. Niun male si fece nella caduta, quantunque cadesse da alto. Boccaccio.

Per quanto, per .... che indicano il grado supremo, cui si possa estendere la concessione. Per quanto sia grande il numero de’ falli, quello delle accuse ingiuste è superiore di molto. Manzoni. – Non spero che giammai dal pigro sonno Muova la testa per chiamar ch’uom faccia. Petrarca.

Con ellissi del verbo essere. Tutti gli amori dell’uomo, ancorchè diversi, hanno lo stesso motore. Alfieri. – La plebe per ogni accidente, benchè minimo, si rivolge. Machiavelli. (Vedi P. I, cap. XXI, § 9).

Se nel senso di anche se prende forza di cong. concessiva. Ben dovrebb’esser la tua man più pia Se state fossim’anime di serpi. Dante.

Anche il semplice congiuntivo in forma alternativa si adopera spesso in senso concessivo; p. es. voglia egli o non voglia, io lo farò. – Furono rimessi nelle terre tutti i fuorusciti, o Guelfi o Ghibellini che fossero. Machiavelli.

Ha senso concessivo il congiuntivo preceduto da un relativo indeterminato Checchè, qualunque cosa, chiunque, dovunque, comunque. Checchè sia di lei, nol mi (non me lo) celate. Dante. – Chiunque voi siate, noi siamo amici. Foscolo.

Altre frasi concessive sono Mettiamo che, poniamo che, mettiam pure che, facciamo che ecc. Non trovò luogo di penitenza, poniamo che con le lagrime la domandasse. Cavalca.

Le congiunzioni concessivo hanno spesso per correlativi gli avverbii però, contuttociò, pure, non pertanto, tuttavia, nondimeno, nulla di meno, ciò non ostante, pur nondimeno ecc. Benchè io a tutti piaccia, però tutti a me non piacciono. Boccaccio.

§ 13. Concessive implicite. Le concessive si posson far implicite col gerundio, col participio e talora anche coll’infinito preceduto da per. Essendo (benchè siano) stoltissimi, maestri degli altri si fanno. Boccaccio. – Straziata con tutti i più aspri tormenti che imaginar si possono, mai non palesò alcuno dei complici. Castiglione. – Sta, come torre, fermo, che non crolla Giammai la cima per soffiar di venti. Dante. (Vedi P. I, cap. XX, § 17).

Un altro modo di concessive implicite si fa con un aggettivo seguito da come e dal verbo essere. Disperatissimo come sono, tuttavia mi assumo l’ufficio di consolatore. Leopardi.

Anche le proposizioni comincianti da egli che, ella che ecc. prendono senso concessivo; p. es. Si astenne quella volta dal bere, egli che ogni dì s’inebriava.

§ 14. Proposizioni finali. Le proposizioni finali (significanti cioè uno scopo, un fine) si uniscono alla principale mediante le congiunzioni affinchè, acciocchè o acciò, perchè, che, onde. Affinchè l’acquisto fatto pigliasse più fermezza, acconsentì. M. Villani. – Conosci i beni che possiedi, acciò tu possa apprezzarli. Giusti. – Dio m’ha dato del bene, perchè faccia del bene. Manzoni. – Guardava d’intorno dove porre si potesse, che addosso non gli nevicasse. Boccaccio. – Rimandatemi in guerra, onde fornita Non sia col dì prima che a lei mi renda. Tasso.

Forme oggi rare: a fare che, a volere che. Forma erronea: a che per affinchè; p. es. Fecero una legge a che non si rinnovassero tali sconci.

§ 15. Finali implicite. Si formano coll’infinito preceduto da per, o affine di. O anima, che vai per esser lieta. Dante. – Conviene far le cose cautamente, affine di non errare.

Oggi si adopera anche onde coll’infinito. Il soffersi per amore della Repubblica onde non dare agli scellerati cittadini un uomo da cui far capo. A. Cesari.

§ 16. Proposizioni di maniera e guisa. Si uniscono alla principale mediante le cong. seguenti.

Come, secondochè, comunque indicano relazione e conformità fra la principale e la subordinata. Giri fortuna la sua rota Come le piace. Dante. – Vennero le due giovinette con due grandissimi piatti d’argento in mano pieni di varii frutti, secondochè la stagione portava. Boccaccio. – Egli è si sciocco che egli s’acconcerà comunque noi vorremo. Boccaccio.

Quasi, quasichè, come, come se, quasi come indicano pure relazione e conformità, ma come supposizione di cosa che non è vera; p. es. un’altra famiglia ch’io amava quasi fosse la mia. Pellico. – Mi struggo al suon delle parole Pur com’io fossi un uom di ghiaccio al sole. Petrarca.

Senzachè, che ... non indicano esclusione di qualche circostanza. Senzachè alcuno se ne accorgesse, una galea di corsari sopravvenne. Boccaccio. – Rade volte ti avverrà di usare lungamente con una persona anche civilissima, che tu non scopra in lei e ne’ suoi modi più d’una stranezza. Leopardi.

§ 17. Salvo che, eccetto che, tranne che, se non che ecc. indicano eccezione. È tutto ferro eletto, Salvo che ’l destro piede è terra cotta. Dante. – Dice S. Agostino che quella pena, eccetto che non è eterna, eccede mirabilmente ogni pena. Cavalca.

Oltre che, oltre di che, indicano aggiunta. Le quali, oltrechè bellissime siano, di leggiadria e vaghezza tutte le altre trapassano. Boccaccio.

Altre forme di simile valore sono senza che, lasciamo andare che ecc.

Non che (vedi P. I, cap. XXVII, § 14) esclude anche la possibilità, d’una circostanza. Non che riuscisse a trovar ragionai .... non sapeva quasi spiegare a sè stesso come ci si fosse indotto. Manzoni.

È raro invece che.

§ 18. Proposizioni di maniera implicite. Si fanno coll’infinito preceduto da senza, salvo che ecc. oltre a, non che, invece di; p. es. Mi rimiraron senza far parola. Dante. – L’invidioso, oltre ad offendere il prossimo, tormenta sè medesimo.

§ 19. Proposizioni comparative. Le prop. comparative, che si possono riguardare come una specie delle proposizioni di maniera e guisa, o esprimono parità di grado fra due concetti, o esprimono disparità.

Per esprimere parità di grado si usano gli avverbi e i pronomi correlativi così .... come, sì .... come, tale .... quale, tanto .... quanto; tanto più o meno .... quanto più o meno; più che .... e più, o coll’ordine inverso come .... così, quale .... tale, quanto più .... tanto più. Così la madre al figlio par superba, com’ella parve a me. Dante. Qual io fui vivo, tal son morto. Dante. – Tal moria qual visse. Tasso. – Tanto si dà, quanto trova d’ardore. Dante. – L’operare è tanto più degno e più nobile del meditare e dello scrivere, quanto è più nobile il fine che il mezzo. Leopardi.

Spesso si tralasciano gli avverbii o pronomi dimostrativi. Gli uomini, quanto più autorità hanno, peggio l’usano. Machiavelli.

Spesso anche si tace il verbo della proposizione che comincia da come, quando sarebbe uguale a quello dell’altra, e cosi la proposizione si cangia in un complemento di maniera. Se tu fossi femmina come l’altre (come sono le altre), io non ti parlerei come io ti parlo. Novellino. Vedi P. I, cap. VI, § 8. Altre volte si sostituisce il verbo fare. E si ver’ noi aguzzavan le ciglia, Come vecchio sartor fa nella cruna. Dante. (Vedi P. II, cap. I, § 13, nota).

Quando di due pronomi correlativi, quello che precede sia costruito con due sostantivi di genere diverso, l’altro si suole accordare col sostantivo più vicino. Ardisco desiderare la morte .... con tanto ardore e tanta sincerità, con quanta credo fermamente che non sia desiderata al mondo se non da pochissimi. Leopardi.

§ 20. Per esprimere disparità di grado si usano gli avverbi e lo congiunzioni più .... che, meno .... che, meglio .... che, peggio .... che; maggiore, minore, migliore, peggiore .... che ecc.

Il verbo della proposizione comparativa subordinata suole essere accompagnato da che non o di quello che. Fu di grado maggior che tu non credi. Dante. – Il ribaldo tornò più presto che il suo padrone non se l’aspettasse. Manzoni. - L’aria divenne più serena che prima non era. G. Gozzi. – Io l’ho fatto già per l’addietro più che non pensi. Leopardi. – Conservano l’ira in cuore più lungo tempo di quel che comporta il dovere. Segneri.

Con ellissi del verbo, quando sarebbe uguale a quello della prop. principale. Il modesto è più sicuro di sè che non l’orgoglioso. Tommaseo. – Colla sostituzione del verbo fare. Gli uomini temono le fiere salvatiche e di alcuni piccoli animali niuno timore hanno, e nondimeno .... più spesso si rammaricano di questi, che di quelle non fanno. Casa. (V. loc. cit.).

§ 21. Si omette la non, quando la proposizione che tien luogo di principale sia in forma negativa, o quando la subordinata contenga già qualche voce di senso negativo, come mai, alcuno ecc. Nè fu nel morire meno animoso che nell’operare si fosse stato. Machiavelli. – Non le dar più dolor che la si abbia. Cecchi. – Non era (la casetta) più lontana dalle mura della Mirandola, che tiri in due volte una balestra comune. Guicciardini. – Volendo fare nè più nè meno che s’avesse vedute fare al maestro ecc. Firenzuola. – Fe’ serena intorno L’aria e tranquillo il mar più che mai fosse. Ariosto.

Intorno all’uso dei pronomi negativi nelle subordinate comparative, vedi P. I, cap. X, § 30.

Non si confondano le proposizioni comparative con quelle che seguono ad un superlativo relativo (il più, la più, i più ecc.), le quali si riducono a proposizioni attributive (Vedi cap. preced.) Con le più belle mani che ella avesse visto giammai nè ad uomo nè a donna. Giambullari.

§ 22. Proposizioni consecutive. Le proposizioni consecutive, così dette perchè esprimono la conseguenza del fatto contenuto nella principale, si uniscono ad essa mediante le congiunzioni ... che o sicchè, di maniera o di modo che, in guisa che, talmente che o talchè, tanto che, a segno che ecc. le quali differiscono tra loro per la maggiore o minor forza, piuttostochè pel significato sostanziale. – Non abbondano sì di beni di fortuna, che possano spendere in libri largamente. G. Gozzi. – Quale idea è tanto astratta che non si possa vestire d’immagini? Tommaseo. – Da tutte le parti (il tempio) si apriva, talmente che la Dea intorno intorno mirar si potea. R. Borghini. – Col semplice che. Siam qui soli che nessun ci sente. Manzoni.

Per indicare sproporzione fra la prop. principale e la conseguenza che se ne trae, si adopra anche il modo troppo perchè. La gente che è teco è troppa, perchè io dia loro Madian nelle mani. Bibbia del Diodati.

Onde, laonde, e simili avverbi relativi possono servire da congiunzioni consecutive, ma in costruzione coordinata, equivalendo a e perciò, e quindi. La vita di Santo (San) Giovanni fu santissima; onde fu chiamato Angelo da Dio. Vita San Giovanni.

§ 23. Consecutive implicite. Si fanno coll’infinito e la prep. da e talora per. (Vedi P. I, cap. XX, § 16). Non bisogna poi tanto lodare l’antichità, da biasimare tutti gli ordini moderni. Guicciardini. Sei favorito dalla fortuna in modo da non aver bisogno dei frutti dell’ingegno per sostentare la vita. Giusti. – Era troppo fine ed accorto Alessandro per avere a credere da senno questa menzogna. A. Salvini. – Ma quest’ultimo modo sa un po’ di francesismo, e sarà meglio valersi del congiuntivo (Vedi anche P. I, cap. XX, § 16, nota).


Torna su ^