Giovedì 29 agosto 2002    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

Alessandro Manzoni sapeva scrivere in italiano?

L’Uso, la Grammatica, la Regola

Che cos’è la grammatica? Il buon senso vorrebbe dire: è la codificazione dell’uso corrente della lingua, quale si desume dai migliori autori, passati e presenti. Già questa definizione sarebbe complicata (quale uso? quali autori?), ma ecco arrivare una vera guastafeste: la Regola. Questa ingombrante signora si interpone tra la lingua e la grammatica, e comincia a spadroneggiare di qua e di là, «Io sono Io, e chi non è con me, è contro di me».

Questa signora ha il brutto vizio di lamentarsi con petulanza di non essere mai abbastanza seguita, che i suoi ordini imperiosi vengono «oggi» disattesi, che purtroppo «nel parlato» o «nell’uso corrente» si fa il contrario di quello che vuole lei.

Guai a chiedere che motivo abbia di comandare, chi l’abbia autorizzata a distribuire bacchettate a dritta e a manca. S’avanza impettita e grida: «È la Regola!» e guarda di storto chiunque dica il contrario. «Gli non si usa come complemento di termine plurale! È la Regola!» Perché? Inutile controbattere. Inutile dire che il buon senso vorrebbe l’alternanza di pronome atono e pronome tonico anche alla terza persona plurale; che moltissimi buonissimi autori, negli ultimi sei secoli, hanno tranquillamente scritto gli quando gli veniva bene di scrivere gli. «È la Regola, ed Io sono la Regola!»

La signora Regola ama i travestimenti. Abbandonando a volte gli abiti sontuosi della Norma, si veste da popolana, gira nelle piazze e nei mercati, e sparge in giro leggende e dicerie che nemmeno il più bigotto dei Pedanti si è mai sognato. «Non si dice molto maggiore!» «Non si dice insieme con: obbligatorio insieme a!» «Non si dice l’anno passato: ordino e comando l’anno scorso!». «Non si dice! Non si scrive!» In quest’ambiente la signora viene ubbidita senza discussione, anche perché spesso si accompagna ad un torbido mestatore armato di nodoso randello, don Ipercorrettismo.

Ma l’ambiente in cui la signora Regola si trova più a suo agio è la scuola. Qui trova veramente da sbizzarrirsi, con comandi e divieti intimati a forza di segnacci rossi e blu e contorno di smorfie di disgusto. «Non si scrive famigliare: si scrive familiare, senza la g!» Ed altre ubbìe, che forse sarebbe il caso un giorno di raccogliere in un bell’elenco, ma di cui ognuno ricorda forse qualche esempio.

Una volta ebbi a dire ad un corrispondente che la sua professoressa (ferma nel divieto di famigliare) non aveva letto abbastanza i Promessi Sposi. Quello se ne risentì, dicendo che la sua professoressa li aveva letti, eccome, e che in ogni caso il Manzoni non è autorità assoluta nella lingua. Verissimo, ma:

  1. se il Manzoni non è autorità assoluta, non lo è a maggior ragione quella professoressa;
  2. in realtà quando dicevo che colei non aveva letto abbastanza i Promessi, non mi riferivo all’uso della gl in famigliare (quando si legge un libro, e che libro! non ci si ferma tutti i momenti a osservare l’ortografia), ma ad un atteggiamento ostinatamente ed irragionevolmente dommatico, che è quanto di più lontano si possa concepire dal sereno e ragionevole illuminismo del Milanese (perché c’è anche dei Milanesi ragionevoli e sereni, eccome!).

Mettiamo dunque a sedere la signora Regola là dove non faccia danni, e godiamoci la lettura di un libro, che - grazie a Dio - è un gran bel libro, e scritto bene, e non una collezione di dettami imperiosi e superbiosi.

Le diatribe in proposito sono cominciate da quando è in vita l’area di discussione it.cultura.linguistica.italiano. Ho ora riunito in questa pagina alcuni dei miei interventi, vecchi e nuovi, quando alla domanda «come si dice? come si scrive?» rispondo per lo più con una serie di citazioni manzoniane.


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