Giugno 2000    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

Questioni di grammatica italiana

Perché si dice mi sono lavato e non mi ho lavato? Uso dell’ausiliare nella forma riflessiva

Wolfgang Müller chiede:

  1. Ho lavato le stoviglie. - Le HO lavate.
  2. Ho lavato me stesso/a. - Mi SONO lavato/a.

In entrambi i casi abbiamo un verbo transitivo ed un complemento oggetto, un perfetto parallelismo dunque. Come mai questa discrepanza?

Io accetto, come puramente convenzionale, il termine «verbo riflessivo» (vedi sotto), ma lo trovo un po’ ingannevole e fuorviante: se si leggono (!) queste frasi:

mi guardo allo specchio
mi lego le scarpe
ci salutiamo
mi pento
si va?
si affittano box

si vedrà (!) che la spiegazione «azione che si riflette sul soggetto» è assolutamente inadeguata. (Allo stesso modo dico «verbi transitivi», ma proibisco ai miei allievi di parlare di azioni che «transitano»).

Ciò che caratterizza il verbo riflessivo non è la forma dell’azione, ma la forma della coniugazione: si tratta di verbi accompagnati da un pronome atono riflessivo. Per questo le grammatiche preferiscono usare, come più precisa, la definizione «coniugazione pronominale». L’italiano, che è una lingua analitica, come ha sviluppato una coniugazione passiva con l’uso di ausiliari (essere, venire), mentre altre lingue, come il latino, usano una forma sintetica (amor - sono amato), analogamente ha anche costruito una forma «media» con l’uso del pronome riflessivo, laddove il greco usa una forma sintetica (aisthánomai - mi accorgo).

Così come la forma media in greco può assumere vari significati, (fra cui anche quella che noi chiameremmo «riflessivo proprio»), anche la forma pronominale italiana può assumere vari significati, fra cui anche quella di «azione che si riflette sul soggetto» (il complemento oggetto o il complemento di termine è la stessa persona del soggetto). Ma non è l’unica, e, a naso, direi che non è nemmeno la più frequente.

Trattandosi di una forma particolare di coniugazione, essa si sviluppa nei vari modi e tempi secondo regole sue proprie (quindi con l’ausiliare essere) indipendentemente dal significato che assume nel corpo della frase.

Così per lo meno nella lingua moderna; nell’antica, invece, poteva essere diverso, «e ciò specialmente nel verso e nella nobile prosa» (Fornaciari, Sintassi italiana, XVI, 8):

Fatto v’avete Dio d’oro e d’argento;
e che altro è da voi a l’idolatre
se non ch’elli uno, e voi ne orate cento?
(Dante, Inferno, XIX vv.112-114)

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