Lunedì 23 aprile 2001    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

Questioni di grammatica italiana

Breve trattatello riassuntivo sulla coniugazione pronominale o riflessiva

Poiché si è tornati più volte a discutere della coniugazione pronominale o riflessiva, ho pensato di fare una breve trattazione riassuntiva su questa forma, che è una delle più difficili da analizzare nella lingua italiana. Infatti la coniugazione riflessiva si è ampliata fino ad assumere significati molto diversi, pur mantenendo apparentemente la medesima forma. Per questo, come ho detto sopra, il termine di “riflessivo” è ingannevole, poiché indica solo alcuni dei suoi possibili significati, quando effettivamente l’effetto dell’azione reagisce sul soggetto.

La forma è caratterizzata dalla presenza del pronome riflessivo, cioè una particella pronominale nella stessa persona del soggetto (io mi, tu ti ecc.) e si trova in questi sei casi (li elenco usando la terminologia tradizionale delle grammatiche scolastiche, che è piuttosto irrazionale):

  1. verbo riflessivo proprio (o diretto): il pronome riflessivo è complemento oggetto: io mi lavo (“lavo me stesso”)
  2. verbo riflessivo apparente (o indiretto, o transitivo pronominale): il pronome riflessivo è complemento di termine: mi lavo le mani (“le lavo a me stesso”)
  3. riflessivo reciproco: indica azione, appunto, reciproca (non si fa differenza fra complemento oggetto e complemento di termine): noi ci salutiamo (“io saluto te, tu saluti me”), ci parliamo (“io parlo a te, tu parli a me”)

Nei casi precedenti il pronome riflessivo indica un vero personaggio della frase (un «attante», per usare un’espressione moderna).

Seguono altri casi in cui il pronome riflessivo non indica un personaggio, ma appartiene alla coniugazione verbale, e indica una categoria particolare di verbi, o un uso particolare.

  1. Verbo intransitivo pronominale: il pronome riflessivo è parte della coniugazione del verbo, lo accompagna, per così dire come un’appendice che non ha particolare significato: mi pento, mi vergogno ecc. Non vi è spiegazione logica per questa forma, se non l’etimologia, che a volte risale a forme analoghe del latino (me paenitet ecc.)
    Alcuni verbi possono avere tanto la forma attiva, come quella pronominale, con una semplice sfumatura di significato: io ricordo qualcosa / mi ricordo di qualcosa; dimentico qualcosa / mi dimentico di qualcosa.
    Altri invece possono cambiare di significato, e il pronome riflessivo indica il passaggio alla categoria dei verbi intransitivi (verbi ad un solo «attante»): io rompo il piatto / il piatto si rompe. Ovviamente nei tempi composti cambia l’ausiliare: ho rotto il piatto, il piatto si è rotto. È un fenomeno analogo a quello di io brucio la legna / la legna brucia, dove però manca il pronome riflessivo, ed è l’insieme della frase a segnalare il passaggio dalla categoria dei verbi transitivi a quella degli intransitivi.
  2. Forma del si impersonale. Con i verbi intransitivi, il si permette di costruire una forma impersonale, cioè priva di soggetto grammaticale: si va, si dorme (“qualcuno (?) va”, “qualcuno (?) dorme”). La cosa divertente è che in questo caso molto spesso viene sottinteso un soggetto logico noi, che i Toscani a volte esprimono direttamente (noi si va), ma che anche nella lingua standard a volte si manifesta, con curiose concordanze. Per esempio, quando si deve usare in questa forma un verbo che ha già un pronome riflessivo (per esempio dimenticarsi) per evitare la ripetizione del si (*si si dimentica) il primo pronome viene sostituito dal corrispondente pronome di I persona plurale: ci si dimentica.
  3. Da questa forma si è poi sviluppata la cosiddetta forma del si passivante. Da un si vede degli alberi (“qualcuno (?) vede degli alberi”), si è passati a si vedono degli alberi, facendo concordare il verbo con il complemento oggetto logico. In questo caso la forma equivale perfettamente alla forma passiva: si vedono degli alberi = “degli alberi sono visti”.
    Tenete però presente che è rimasto anche nella lingua letteraria qualche caso di non concordanza:
    • S’era visto di nuovo [invece di s’erano viste], o questa volta era parso di vedere, unte muraglie, porte d’edifizi pubblici, usci di case, martelli. (Promessi Sposi, XXXII, citato nella Sintassi del Fornaciari)
    • ... verso una fiumana, alla riva della quale sempre soleva in sul far del dì vedersi [invece di solevano vedersi] delle gru... (Boccaccio, Decamerone 6, 4, citato nella Grammatica storica del Rohlfs)
    Sicuramente in tutto ciò vi è una caratteristica profonda della lingua italiana, che ha sostituito alla costruzione libera del latino una costruzione semi-libera: il soggetto può stare anche dopo il verbo, ma in questo caso a volte fa fatica a manifestare la sua natura di soggetto, e non riesce a costringere il verbo alla concordanza; per lo stesso motivo abbiamo frequenti casi (anche nella lingua letteraria) in cui c’è è seguito da un soggetto plurale («E poi c’è degli imbrogli», Promessi Sposi, cap. II).

Da dove vengono tutte queste complicazioni? Una spiegazione potrebbe essere una qualche dipendenza dalla coniugazione latina, in cui:

Sostituendo alla forma deponente la coniugazione riflessiva, abbiamo la situazione dell’italiano.

Come vedete, la situazione è piuttosto complessa. Vi posso garantire che se la lingua italiana l’avessi inventata io, avrei cercato di farla più facile; ma dobbiamo prenderla così com’è.


Nota


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