Giovedì 16 settembre 1999    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

Scuola di launéddas

launeddas «Ma cosa mi stai dicendo? tu mi stai prendendo in giro come il padrone».
«Io non sono un padrone: io sono un servo e sono amico dei servi».
«E allora cosa vuol dire parlare dentro l’acqua? con un fieno poi? L’acqua non parla, no?» «Non parla? l’acqua ha mille lingue e tu ne dovrai imparare bene almeno una: a soffiaria senza pausa come quando lei stessa al sole, evapora soffiando verso il cielo».
«Mille lingue! Io continuo a non capirti. Se poi questa prova consiste nel soffiare dentro l’acqua con un fieno, cosa ci vuole?»
«Senza pausa ti ho detto, però!»
«E cosa vuol dire?»
«Vuol dire respirare solo con il naso; mandare aria solo dalla bocca dentro il fieno e quindi formare bolle e bollicine senza pausa, sia quando ti prendi l’aria, sia quando la mandi fuori. Vedi, mì! Uno strumento di launéddas sono tre canne: su tumbu, cioè la canna più lunga...»
«Su tumbu l’ho già sentito dire...»
«Eh! ma ha bisogno di aria continua, di soffio senza pausa: lui è il vento delle launéddas e deve soffiare in continuazione. Su tumbu è il basso del concerto. Poi viene la canna mediana: sa mancósa manna, cioè la canna della mano manca. Poi ancora sa mancosédda, cioè la canna meno lunga e anche meno manca. Mancósa manna e mancosédda fanno il canto al basso de su tumbu. Come vedi, entrambe hanno quattro buchi lunghi e simili alle porte dei nuraghi; più in basso ancora hanno un altro buco più grande, detto s’arrefínu, la stadera, che regola il peso del loro canto».
«Tutti questi altri nomi non li conoscevo; né sapevo che su tumbu era il vento delle canne, né tantomeno avevo notato che era senza tasti a differenza delle altre due. Ma dimmi, come si fa a farlo suonare senza pausa? Tu non respiri?»
«Eccolo qui il primo latte! Certo che respiro, sennò sarei già morto. Io posseggo il soffio continuo e riesco ad alimentare il vento delle launéddas, senza far mancare mai l’aria necessaria a su tumbu». 
«Ma io al tuo soffio continuo non ci credo».
«Non ci credi? te lo faccio vedere io e proprio con il fieno dentro l’acqua. Guarda, mì! Prendo il fieno, lo imbocco, mi faccio un mantice con lui. Lo immergo nell’acqua. Soffio dentro e ti faccio, in continuazione, tutte le bolle e le bollicine che vuoi, dall’alba al tramonto. Vedi, guarda, mi!»
«Eh! Ma non è possibile!»
«Ora non è possibile a te, ma col tempo ci riuscirai. Toh! prova, toh!»
«Dammi, bah!»
«Toh! sula, soffia, dah!»
«Blublù... blublù.., blù...»
«Non così, no! Il segreto è tenere le labbra incollate alle canne, respirare dal naso e fare aria solo dal tumbu, continuamente. Così vruuuuu, fino a quando vuoi tu! Guarda, vedi, toh! toh, provaci su!» 

Gavino Ledda


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