25 Settembre 1998    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

Questioni di grammatica italiana

Perché una volta invece di province si scriveva provincie?

Maurizio Borrelli scrive:

Nel testo della Costituzione disponibile nel sito del Senato della Repubblica italiana alla pagina http://www.senato.it/funz/cost/home.htm la parola Province è scritta Provincie.

L’ortografia è materia quanto mai volubile. Le regole ortografiche di ogni lingua sono arbitrarie e convenzionali, e spesso cambiano nel tempo. Certo, la lingua italiana non è nelle condizioni penose dell’inglese, dove blood fa rima con flood ma non con good e food; ma qualche stranezza c’è sempre.

Per mettere ordine nella questione dei plurali delle parole in -cia e -gia, recentemente (molto recentemente) si è stabilita una regola: la i rimane se la c e la g sono precedute da vocale, cade se sono precedute da consonante. Quindi camicie e facce, ciliegie e spiagge.

È una regola del tutto arbitraria, perché la i, che al singolare è necessaria per indicare il suono palatale (ciliegia non *ciliega) al plurale è del tutto inutile: *ciliege e ciliegie avrebbero esattamente lo stesso suono, come facce e *faccie. Ma è una regola facile da ricordare, e tanto vale tenerla.

Fino a poco tempo fa prevaleva invece l’etimologia. Provincia è parola latina, ed è entrata in italiano attraverso il linguaggio colto. Naturalmente la grafia inganna; in latino la parola aveva quattro sillabe, ed era pronunciata, al singolare, /pro’winkia/ (il latino non aveva né la v né i suoni palatali), al plurale, /pro’winkiae/. La i rappresentava in entrambi i casi un suono vocalico ben distinguibile. Poiché spesso la grafia ha avuto la meglio sulla pronuncia, in italiano si è scritto, fino a tempi recenti, provincie (tre sillabe), per lo stesso motivo per cui per secoli abbiamo avuto huomo e anchora, e ancora adesso distinguiamo cuoco da quadro e scuola da squadra, anche se è in campo sempre lo stesso suono /kw/

Quindi chi scriveva nella Costituzione italiana provincie sapeva bene quello che si faceva. Adesso, per semplificarci la vita, teniamo altro modo; ma allora, quella era la regola.

Si vuole ora metter mano al testo della Costituzione, per aggiornarla alle nuove massime dei nostri tempi. Sì, ma con quale italiano? Supponiamo che degli articoli in cui si parla delle provincie, alcuni rimangano immutati, altri vengano riscritti. Si adotterà la vecchia grafia, ora non più in uso? Si lasceranno le due grafie? Si riscriverà tutto, magari sottoponendo l’intera Costituzione al correttore grammaticale di WinWord?

Gli aspiranti costituenti si accalcano, peggio che i concorrenti ad un impiego all’Intendenza di Finanza. Quali di loro possono garantire, non dico rettitudine morale e sensibilità istituzionale, che non sono argomenti che qui interessino, ma una decorosa conoscenza della lingua italiana, per dare alla legge fondamentale della Seconda Repubblica una veste non meno degna di quella della Prima?

Questa considerazione invita alla prudenza: le Costituzioni non si cambiano con leggerezza.


Con notevolissimo ritardo, procedo ad un sintetico aggiornamento, ricordando che il testo della Costituzione novellato nel Titolo V presenta la grafia Provincie nel titolo, che non è cambiato, e Province nel corpo degli articoli, che sono tutti rifatti come un’attrice attempata.

2012

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