29 Dicembre 1997    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

Storia della lingua italiana

A proposito di pronuncia dell’italiano e del toscano ...

... Paola Comelli cita...

...un’illuminante pagina di Francesco D’Ovidio, tratta da "Le correzioni ai Promessi Sposi e la questione della lingua", edito nel lontano 1895 (4a edizione!!):

L’Italia non si appropriò se non del fiorentino scritto, e anche di questo fin dove poteva senza sforzo o con sforzi tollerabili. Ciò ebbe i suoi effetti specialmente sulla pronuncia, alcuni vezzi della quale, come il cosiddetto ’c’ aspirato di fico o il ’c’ e il ’g’ sibilante di pace e regina, non significati dalla scrittura, restaron regionali. Avvenne anche di più. Essendosi dai toscani smesso di scriver bascio, camiscia, perché codesto mite suono [sc] non si cambiasse con quello più gagliardo [ssc] che è in fascia, mentre invece è pari a quello toscaneggiante di pace, ne derivò che quegli italiani che pronunzian pace con un vero ’c’, ossia con quel che i Toscani stessi fan sentire in selce o in faccia, lo estesero anche a bacio e camicia. I quali però, venendo da basium e camisia non si pronuncian con un vero ’c’ in nessun dialetto.... La pronunzia insomma che di bacio o fagiuolo si suol fare in gran parte di Italia, se non è conforme al toscano, non segue nemmeno le parlate locali, ed è una creazione tutta letteraria.

Insomma: le varietà regionali non toscane, e lo stesso italiano standard, sono figlie della scrittura, della rappresentazione grafica della lingua italiana. La domanda, che tutti si rivolgono da tempo, è se la diffusione dei mass media provocherà un tale capovolgimento di fronte da far sì che sia la scrittura a doversi adattare alla rappresentazione "televisiva" dell’italiano standard (più o meno romanesco).


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