10 Maggio 2000    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

La lingua alla moda

A che cosa serve il congiuntivo? Non sarebbe ora di eliminarlo?

1. Il congiuntivo è una complicazione inutile?

Il congiuntivo è una complicazione, che quasi sempre potrebbe essere eliminata. Come le declinazioni, che nel passaggio dal latino alle lingue romanze sono scomparse. Come il passato remoto - infatti noi in Piemonte ce la caviamo benissimo senza. Come il futuro, che mi dicono non esista in alcuni dialetti meridionali.

Si sono eliminate - si possono eliminare molte complicazioni. Ma il risultato è una semplificazione?

Nei fatti, non esiste una lingua più semplice di un’altra. Francamente non credo che l’italiano sia più semplice del latino, né che il piemontese sia più semplice dell’italiano. Così come possiamo elencare le forme grammaticali del latino che l’italiano ha perso, è facile ricordare le caratteristiche che l’italiano ha e che il latino non conosceva. Per limitarci al sistema verbale: il condizionale; i molteplici usi del riflessivo si; i vari modi per esprimere l’aspetto dell’azione, a partire dalla forma stare + gerundio, ecc.

È possibilissimo (è in gran parte vero), che la sensibilità linguistica dell’italiano contemporaneo senta come inutile l’uso del congiuntivo; o per meglio dire, che non si avvertano più le sfumature di significato che il congiuntivo permette(va) di distinguere. È significativo, e merita di per sé una riflessione, il fatto che non si senta più il bisogno di segnare la differenza tra l’oggettività (so che è così) e la soggettività (credo che sia così).

Ma, poiché nessuna lingua vive senza sfumature di significato, allora dovremmo chiederci quale altra complicazione sta introducendo, al posto del congiuntivo, l’italiano parlato contemporaneo; complicazione che forse ora ci appare come semplice sgrammaticatura, o ridondanza, o caricatura, ma che, una volta stabilizzatasi nella lingua comunemente usata, forse la caratterizzerà sul piano espressivo ed estetico.
I vari intercalari comunque, praticamente, magari, un attimino, giustamente, ecc. che noi troviamo fastidiosi, appunto perché inutili (a che servono?), non esprimono forse, nel loro modo inetto e balbettante, uno sforzo per caricare la lingua di un’espressività che non si sa in quale altro modo tirar fuori - di sottolineare (comunque), di attenuare (un attimino), di rendere soggettiva l’azione (magari) o oggettiva (giustamente, praticamente)?

Chissà che la grammatica del 2000 non contemplerà le regole per il corretto uso di "un attimino"?
(Per ora, preferisco tenermi stretto al congiuntivo).


21 - 27 Settembre 2001

2. Il congiuntivo è classista?

"Federico Zenith" ha scritto su it.cultura.linguistica.italiano:

Il mio punto è che la maggior parte degli italiani, gente che la lingua la respira dalla nascita, ha problemi ad azzeccare il congiuntivo. Qualcosa che non va c’è, visto che... anche persone di elevata istruzione ogni tanto si fanno prendere dai dubbi.
Al che mi sorge un dubbio: a che serve ’sto congiuntivo? In inglese e nelle lingue scandinave, per esempio, del congiuntivo non rimangono che tracce, che per giunta coincidono coll’infinito (ad eccezione dello svedese, che comunque cambia solo una a in e). Eppure non mi sembra che l’espressività delle lingue ne soffra.
A questo punto, mi rimane in piedi un’ipotesi: che il congiuntivo abbia la stessa funzione degli ideogrammi kanji in giapponese, perfettamente inutili ma "prestigiosi", segno che chi li sa usare può permettersi di studiare cose di fatto inutili, tanto per perdere tempo, e per poi mostrare quanto è degno appartenente dell’alta società: i poveri, infatti, non possono certo ambire a un’istruzione del genere.
Mi sembra quindi che il congiuntivo sia una espressione di una lingua classista, nel senso peggiore del termine.

Tutte queste considerazioni sulle lingue classiste perché difficili, dimenticano un fatto elementare: che le lingue nascono ad un certo punto, perché se ne sente l’esigenza, e nascono nella coscienza comune di milioni di parlanti, i quali non fanno progetti a tavolino ("mettiamoci pure il congiuntivo, così freghiamo i poveracci") ma vanno inconsapevolmente a ricercare nella loro memoria storica (la lingua che sta tramontando) le forme di cui sentono il bisogno per esprimere quello che hanno in testa (la lingua che sta nascendo). La lingua italiana è stata inventata da gente che usava il congiuntivo senza nemmeno sapere che si chiamava congiuntivo - per la stessa ragione per cui i greci hanno usato l’ottativo aoristo medio asigmatico per molti secoli prima di sapere che si chiamava ottativo aoristo medio asigmatico, e i latini hanno usato i verbi deponenti per secoli prima di riflettere sul fatto che venivano coniugati come i verbi passivi pur avendo significato attivo. Più in generale, quelli che hanno inventato il greco, il latino, l’italiano e tutte le altre lingue del mondo, non sapevano neanche che esistesse qualcosa che si chiama grammatica, e se usavano il congiuntivo ecc. è semplicemente perché gli veniva bene così. Poi sono arrivati i grammatici, a dire che il congiuntivo si deve usare per forza, poi ancora quelli di Icli, a dire che il congiuntivo si deve abolire.

Cioè - ho sempre pensato io - la gente ha parlato "come veniva" finché, o ai tempi dei latini o dei greci, qualcuno ha cercato di trovare una ratio nella lingua, e ha inventato la grammatica. La lingua però ha continuato ad evolversi, ed i patrizi, per far vedere che loro mica erano dei buzzurri, continuavano a parlare la colta lingua imparata dai maestri e parlata dai padri della patria, mentre i buzzurri plebei andavano avanti, senza istruzione, a parlare come veniva.

Questo è vero, ma con due precisazioni:

  1. la codificazione grammaticale non è avvenuta una volta per tutte, ma si presenta ogni volta, ad uno stadio piuttosto avanzato della lingua
  2. quindi la codificazione grammaticale arriva a cose fatte, quando cioè una lingua si è sviluppata come un sistema completo e coerente.

A parte le lingue artificiali, come l’esperanto, e pochi altri casi, non esiste una grammatica che abbia inventato aspetti decisivi di una lingua. Se l’italiano ha il congiuntivo, è perché questo modo esiste fin dall’origine della lingua. Poi, dopo parecchio tempo (diciamo pure, qualche secolo) sono arrivati i grammatici a codificarne le forme e l’uso, ma non certo ad inventarlo. Per descrivere l’italiano, i grammatici dell’età umanistica hanno preso a modello la grammatica latina, della quale avevano già una descrizione completa; e questo ha anche influito su certe strutture grammaticali italiane, che vengono considerate "corrette" proprio perché se ne è ravvisata un’analogia con strutture latine; ma è un fenomeno che riguarda alcuni aspetti marginali. Che poi le abitudini linguistiche attuali tendano ad eliminare il congiuntivo, è un fatto che appartiene alla normale evoluzione delle lingue, per cui certi aspetti scompaiono, ed altri emergono. Ma questo non vuol dire che fino a pochi decenni fa la gente usasse il congiuntivo solo per paura di fare brutta figura davanti al padrone, o al maestro di scuola.

Insisto infine su un punto già detto prima. Non è vero che le lingue "complicate" siano lingue aristocratiche, e le lingue "semplici" siano lingue popolari. Il sistema verbale del greco antico è di una complicazione incredibile; possiede un grandissimo numero di modi e tempi; l’uso di quei modi e tempi è estremamente complesso; esistono probabilmente più verbi dalla coniugazione irregolare che verbi dalla coniugazione regolare. Eppure è stato inventato da contadini e pirati analfabeti, ed ha avuto in seguito una enorme diffusione, anche per finalità eminentemente pratiche.

Quanto al fatto se si debba continuare ad usare il congiuntivo oggi: questa è una scelta personale, e dipende dalle abitudini di ognuno. Io lo uso - questa frase, "quanto al fatto se si debba..." mi è venuta naturale, non ho dovuto pensarci su.


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