A costo di passare per un grezzo manicheo, vorrei ricordare che esistono sostanzialmente due idee di scuola.
Una, che con brutale semplificazione definisco "di sinistra", secondo la quale la scuola pubblica, gratuita e uguale per tutti è stata una grande conquista democratica dell’età moderna. Per "uguale" non intendo una piatta uniformità, ma l’impegno di assicurare a tutti, qualunque sia la condizione sociale di partenza, le medesime opportunità di apprendimento.
Due sono i corollari di questo sistema:
Ritengo che questa impostazione sia, per i ceti poveri, quella che assicura le migliori opportunità di avanzamento, riequilibrando, almeno in parte, gli svantaggi di una disagiata condizione sociale e culturale di partenza.
L’altra idea di scuola, che altrettanto brutalmente definisco "di destra", disconosce l’importanza di un sistema di istruzione pubblico e omogeneo, lasciando che sia la selezione del mercato ad assegnare un valore alle preparazioni conseguite da istituti, pubblici o privati, che agiscono in totale autonomia.
Quest’altra impostazione, a mio parere, non solo non può compensare, ma aggrava le disparità iniziali, in quanto i poveri saranno portati, per tanti motivi che qui sarebbe lungo spiegare, a frequentare le scuole meno valide, e ne conseguiranno una preparazione non spendibile sul mercato.
Il sistema scolastico italiano, non perché è di tipo "sovietico", come farneticano i berluschini, ma perché porta nei suoi caratteri originali l’impronta del grande riformismo liberale ottocentesco, apparteneva al primo tipo. Ora si sta rapidamente trasformando nel secondo tipo, sotto la pressione di due forze concomitanti e solo apparentemente opposte:
Tutti hanno sotto gli occhi gli effetti di questa impostazione: accanto ad un piccolo numero di scuole "d’eccellenza", frequentate dai figli della borghesia colta, abbiamo le scuole "paritarie", dove il diploma si compra a suon di quattrini, e dilagano i ghetti, dove senza alcun controllo masse di giovani perdono anni preziosi in attività insulse, in pure simulazioni di apprendimento, in (auto)assoluzioni in massa. Il ragazzo promosso, anno dopo anno, con insufficienze gravi in materie fondamentali, non solo non ha imparato quelle materie, ma soprattutto non ha imparato, e non imparerà mai, che cos’è lo studio, qual è il valore dell’istruzione; gettato nella giungla del mercato, vagherà stralunato per anni, cercando un lavoro per il quale non è assolutamente preparato, un’occasione, una raccomandazione, un banco al mercato; se è una femmina, un marito facoltoso. Si vedrà ogni volta sopravanzato da uno più preparato, più fortunato, più raccomandato, più danaroso, più spregiudicato (se femmina, da una più figa); e neppure capirà perché. Alla fine si sistemerà anche lui, in qualche modo; ma nessuno gli restituirà gli anni buttati inutilmente in una scuola senza senso, nessuno gli leverà il marchio di ignorante figlio di poveracci. In una parola: una scuola ferocemente, darwinianamente classista.
10 luglio 2004