Domenica 14 luglio 2002    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

CAPITOLO IX

Coordinamento delle proposizioni.

§ 1. Le proposizioni indipendenti tanto semplici, quanto ampliate (vedi P. II, cap. IV, § 1), si dispongono in serie l’una accanto all’altra per formare il discorso, e tale disposizione dicesi coordinamento (vedi P. I, Preliminari, § 13), il quale può aver luogo fra proposizioni principali, come anche fra proposizioni subordinate direttamente ad una medesima principale, ma fra loro indipendenti: si tratti dell’uno o dell’altro caso, il coordinamento può farsi in varii modi, che qui accenniamo.

§ 2. Forme del coordinamento. La forma più semplice del coordinamento è quella che dispone le proposizioni l’una appresso l’altra, senza veruna parola di congiunzione o di correlazione. Si tiravano de’ pomi, s’infioravano le fronti, si scioglievano le chiome, di nuovo le s’intrecciavano. Caro. – Odo già la scusa che voi mi volete addurre. Dite che se non vi fate voi la giustizia di vostra mano, ne va di sotto la vostra riputazione. Segneri. – Non si pretende che voi non sentiate le villanie, che non vi alteriate, che non vi accendiate, che siate sempre a guisa di un legno stupido. Segneri.

§ 3. Un’altra forma di coordinamento consiste nel preporre a tutte o ad alcune delle singole proposizioni un avverbio o un pronome o un numerale, che mostri chiara la relazione di esse fra loro. Tali sono, p. es. prima, poi o dipoi, quindi, poscia; ora, allora; oggi, dimani; parte, parte; questo, quello; alcuni, altri; primo, secondo ecc. Ovvero, nel ripetere la medesima parola più volte, p. es. Non vuole il Signore che andiamo spiando i fatti d’altri; vuole che attendiamo a noi stessi. Segneri. – Senza uomini dotti, il mondo potrebbe andare innanzi benissimo; senza uomini buoni, ogni cosa sarebbe sovvertita. Giusti.

§ 4. La terza forma di coordinamento si fa per mezzo di congiunzioni, dette appunto coordinanti (vedi Parte I, cap. XXVII, § 2-5), le quali indicano le diverse relazioni, logiche che corrono fra l’una e l’altra proposizione, ossia il diverso senso del loro coordinamento.

Ora le relazioni fra più proposizioni di pari grado, si riducono a tre specie principali: 1º di conformità e continuazione; 2º di sostituzione; 3º di opposizione o contrasto in qualsiasi modo, parziale o totale.

§ 5. A indicare conformità e continuazione servono le congiunzioni copulative sì affermative come negative; e, anche, pure, altresì, parimente, inoltre, oltracciò ecc. ecc. , neanche, nemmeno ecc. o le correlative non solamente .... ma;  .... come; tanto, quanto ecc. le consecutive dunque, pertanto, perciò, per conseguenza, laonde, onde ecc. o le dichiarative cioè, cioè a dire, infatti, in effetto, per verità, e veramente, e per verità ed altre de’ medesimi significati.

A indicare sostituzione, equivalenza, servono le congiunz. disgiuntive o, ovvero, oppure; sia .... sia, vuoi .... vuoi; o che .... o che e sim.

A indicare opposizione e contrasto valgono le cong. avversative ma, però, nondimeno, tuttavia, contuttociò, pure, non perciò, ciò non ostante, non di meno, nulla di meno (se non che, benchè e sim.), o le correttive anzi, per altro, d’altra parte, piuttosto e sim.

§ 6. Il coordinamento può anche essere: fra implicite ed esplicite (P. II, cap. IV, § 3). Affermano di non sapere ch’egli dicesse o facesse mai cosa alcuna in danno o biasimo di persona, e .... che non ebbe mai pur una minima notizia de’ fatti vostri. Caro. – Tutti i mortali si volsero all’empietà, o che paresse loro di non essere ascoltati da Giove, o essendo propria natura delle miserie indurare e corrompere gli uomini eziandio ben nati. Leopardi;

fra aggettivi e proposizioni attributive. I segreti di cose importanti e che sapute possono tornare in grave pregiudizio .... non si debbono mai dire. A. M. Salvini;

fra sostantivi e proposizioni soggettive od oggettive. Viva il gergo d’allora e chi l’intese. Giusti. – Giove fatto accorto della propria natura degli uomini, e che non può loro bastare .... vivere ed esser liberi da ogni dolore ecc. Leopardi;

fra più soggetti, predicati nominali, oggetti e complementi d’ogni sorta contenuti nella stessa proposizione, con che si ha la proposizione composta; nella quale, cioè, sono implicite tante proposizioni, quanti sono gli elementi che vi si trovano ripetuti. (Vedi P. I, preliminari, § 12). Il povero, l’ignorante, il rustico, il malato, il vecchio non sono mai ridicoli, mentre si contentano di parer tali. Leopardi. – Voglio la briglia, non le pastoje; il digiuno, non la fame; l’osservanza, non la superstizione. Caro. – Perchè non son io qui tutto lingua, tutto lagrime, tutto fuoco? Segneri. – a festa a tavola si raccontino istorie melanconiche. Casa.

§ 7. Ripetizione delle congiunzioni nel coordinamento. Fra le congiunzioni coordinanti più semplici, e si ripete nei casi indicati P. I, cap. XXVII, § 2, capoverso terzo: si ripete pure regolarmente quando vi ha progressione d’idea, cioè quando una proposizione coordinata (esplicita o implicita che la sia) si stacca, per il senso, dalle precedenti. Altri comincerebbe dal raccomandarti lo studio, ed io comincio dal raccomandarti la bontà; e ti prego di custodirtela nel cuore. Giusti. – Convien meritare il meglio coll’agovolarne le vie, e affrettarlo bisogna in tutti i modi; e fra tutti il più semplice ed efficace è la parola. Tommaseo. – Ogni di sono in banchetti ed in balli, e in ogni altra maniera di barbara allegrezza. Bartoli.

Quanto alla ripetizione della cong. o, vedi capitolo cit., § 4.

Altre congiunzioni coordinanti si ripetono talora anch’esse per esprimer concitazione d’animo. Non morte aspetto .... Ma benigne accoglienze .... ma parole sciolte D’ogni freno, ma risi, vezzi e giuochi. Ariosto.

§ 8. Più proposizioni coordinate fra loro, ma subordinate alla medesima principale, ripetono la congiunzione subordinante, quando la chiarezza o la forza del discorso lo richiede. (Vedi P. I, cap. XXVII, § 9, capoverso terzo). Sono andati argomentando che quel che è bene a più, è maggior bene; e che la virtù che maggiormente giova è maggior virtù; e però che la giustizia in questo caso dev’esser preferita alla pazienza. Caro. – Se il Petrarca fu mai, e se questi versi son suoi, egli disse pur così. Caro.

Più di rado si ripetono le congiunzioni bisillabe e trisillabe, come poichè, benchè, acciocchè ecc.

Che serve anche talora a richiamare un’altra congiunzione precedente, o un avverbio relativo che tenga luogo di congiunzione. (Vedi loc. cit. capoverso terzo, nota). Ma poi che fu levato di sul colle L’incantato castel del vecchio Atlante E che potè ciascuno ire ove volle ecc. Ariosto. – E benchè quella che era più favorita dall’universale, solamente tre anni regnasse, e che nel 1382 la rimanesse vinta, nondimeno ecc. Machiavelli. – Il che vi fia (sarà) agevole, se voi mi crederete e che (se, qualora) far vogliate a mio senno. Machiavelli. – Quando fu venuta l’ora del far colezione e che il tagliatore (di legna) se ne fu ito a casa ecc. Firenzuola.

Quanto alla ripetizione degli articoli e delle preposizioni nel coordinamento, vedi P. I, cap. XIII, § 43 e seg. e cap. XXVI, § 17 e seg.

§ 9. Ripetizione del pronome relativo. Quanto al coordinamento di più proposizioni attributive (coi pronomi che, il quale ecc.) voglionsi fare le seguenti avvertenze.

Due proposizioni attributive si coordinano colle congiunz. e, o, quando abbiano tutte e due la stessa importanza e però debbano esser poste ugualmente in rilievo, e in un certo contrasto; ovvero, quando, senza la ripetizione della congiunzione, il secondo relativo sembrasse riferirsi ad un sostantivo diverso dal suo; p. es. La dottrina spesso è una vana suppellettile che poco ci serve agli usi della vita, e della quale per lo più si fa pompa ne’ giorni di gala. Giusti. – Discorrere di noi medesimi e delle cose, nelle quali siamo occupati o che ci appartengono in qualche modo ecc. Leopardi. Si omettono invece le congiunzioni, quando la prima proposizione deve avvertirsi meno della seconda, nè vi sia luogo ad equivoco; p. es. Èbbene parere con un gambero ch’era dottore in legge, ed alloggiava presso alla fonte della Pieve, col quale (non e col quale) avea tenuta una stretta amicizia. Firenzuola. – In Verona ebbe (fu) già un vescovo .... il cui nome fu messer Giovanni Matteo Giberti, il quale (non e il quale) si fu cortese e liberale assai a’ nobili gentiluomini. Casa.

Il pronome relativo subordinante (che, il quale) si ripete regolarmente, quando sia in posizione logica diversa dalla prima volta, come si vede chiaramente nel primo e secondo degli esempii qui sopra riportati (che .... e della quale; nelle quali o che): si suole omettere quando resta nella medesima posizione; p. es. Sono molti oggidì i quali non vorrebbon parere di niun paese, e (che o i quali si omette) credono farsi onore chiamandosi cosmopoliti. F. Zanotti. Anche nel primo caso, cioè quando la posizione del relativo cangerebbe, è frequente, massime nel parlar familiare, l’omissione della ripetizione; alla quale si sostituisce un pronome dimostrativo di forma congiuntiva (vedi P. I, cap. VI, § 9 e cap. VIII, § 22); p. es. Parve al Santo Padre poter sicuramente recar ad effetto quello, di che fin da quando stava in Amboino avea conceputo un ardentissimo desiderio, e in parte, per adempierlo (invece di e che per adempiere), quivi di colà si era condotto. Bartoli.

§ 10. Ripetizione del complemento. Quando due o più proposizioni coordinate richiedono un termina comune, ma con diversa preposizione, è regola ripetere quel termine mediante un pronome (vedi loc. cit.); p. es. Io amo i virtuosi uomini e volentieri a quelli mi accosto; e non già: io amo e volentieri mi accosto ai virtuosi uomini. Pur sovente questa regola è trascurata, e puossi fare talvolta, purchè la chiarezza non ne patisca. Ti avvisano col riprendere e dir male di ogni tua operazione (invece di col riprendere ogni tua operazione e dirne male). Gelli.

§ 11. Subordinamento apparente. Spesso più proposizioni, benchè unite co’ pronomi e colle congiunzioni stesse che servono al subordinamento, restano però in una certa indipendenza l’una dall’altra, a guisa di coordinate, potendosi, senza alterare il senso, mutarne il costrutto:

con relativi (modo più frequente negli antichi, che ne’ moderni). Persuase costui i Genovesi a prendere quella impresa, i quali (ed essi) non solo per soddisfare al duca loro principe, ma per salvar le loro mercanzie, armarono una potente armata. Machiavelli. – Incontanente il dimandarono: come! non era costui attratto? A’ quali il Fiorentino rispose (e il Fiorentino rispose): non piaccia a Dio. Boccaccio. (Vedine altri esempii, P. II, cap. V, § 4);

con congiunzioni subordinanti (anche le concessive in questi casi si costruiscono coll’indicativo, non col congiuntivo). Se fosse qui il Cagliostro, forse ci potrebbe dare un poco di lume, essendo vissuto parecchi secoli fa; se bene (ma), poichè morì come gli altri, non pare che fosse immortale. Leopardi. – La dottrina e i costumi vostri sono di troppo grande infezione alla gioventù. Sicchè (onde, quindi, perciò) vi si dà questo carpiccio. Caro. – Ben tutto giorno dicesti e dici sinceramente: io godrò; e parecchie volte, ma con sincerità minore: ho goduto. Di modo che (dunque) il piacere è sempre o passalo o futuro, e non mai presente. Leopardi.

§ 12. Coordinamento logico de’ pensieri. Il coordinamento delle proposizioni (semplici od ampliate) deve corrispondere al coordinamento dei pensieri, cioè all’ordine, con cui più giudizii o complessi di giudizii vanno seguendosi l’un l’altro nella mente del parlatore, che li trasmette, per mezzo della parola, nella mente di chi ascolta. Quando la mente si arresta e si riposa, allora mettesi il punto fermo, e si dice d’aver finito un periodo. Ma il riposo è istantaneo, e la mente ripiglia il suo lavoro per poi riposarsi di nuovo, e di nuovo lavorare sino al termine del discorso. Ora è da sapere che quello che fa passare la mente da una proposizione indipendente ad un’altra simile, è la relazione fra i soggetti di esse, come quelli che ne costituiscono l’idea fondamentale. Quindi tutta l’arte per far bene il coordinamento fra più proposizioni e più periodi, consiste nel porre acconciamente in corrispondenza reciproca i varii soggetti, facendo sì che tra l’uno e l’altro non vi sia, generalmente parlando, nè distacco, nè salto, ossia nel far sì che il soggetto logico e vero diventi soggetto grammaticale.

§ 13. Pertanto sono da distinguersi due casi: che più proposizioni da coordinarsi possano conservare un medesimo soggetto, o che debbano cambiarlo. Ove il pensiero lo conceda, sarà da cercare che il soggetto muti il meno possibile. Eccone un esempio. Si veggono gli altri animali comunemente seri e gravi; e molti di loro anche pajono malinconici: rade volte fanno segni di gioja, e questi piccoli e brevi; nella più parte de’ loro godimenti e diletti non fanno festa, nè significazione alcuna di allegrezza; delle campagne verdi, delle vedute aperte e leggiadre .... se anco sono dilettati, non ne sogliono dare indizio dì fuori. Leopardi. Qui vediamo tutte le proposizioni avere per unico soggetto gli altri animali: nè vi era alcun bisogno di cambiarlo, per dare il primato a gioja, a diletti, campagne od altre idee accessorie.

Non è vera mutazione di soggetto, quando la proposizione che sarebbe principale, si subordina ad un’altra indicanto semplicemente un’opinione o un’affermazione d’altro soggetto. P. es. Sono gli uccelli naturalmente le più liete creature del mondo. Non dico ciò in quanto, se tu li vedi e li odi, sempre ti rallegrano; ma intendo di essi medesimi in se, volendo dire che sentono giocondità e letizia più che alcun altro animale. Leopardi. Qui seguitano gli uccelli a far da soggetto, quantunque grammaticalmente ne prenda per un momento il posto lo scrittore.

Neppure c’è vera disparità di soggetto, quando, accanto ad una proposizione personale si pone una locuzione impersonale riferita al medesimo soggetto. A Longino parve il tempo comodo a poter diventare mediante Rosmunda .... re de’ Longobardi .... e conferì con lei questo suo disegno. Machiavelli. – Vitellio era sordo a’ forti consigli. Scoppiavagli il cuore (cioè gli rincresceva forte) di avere a lasciare ecc. Davanzati.

§ 14. Nel secondo caso, cioè che il subietto debba cambiare, bisogna ricordarsi che il coordinamento vuol esser da pari a pari, ossia fra proposizioni di lor natura indipendenti; che dunque tra i varii soggetti in corrispondenza o in contrasto (vedi qui sopra, § 4) sia e si mostri presso a poco la stessa importanza reciproca, evitando che un’idea posta come affatto secondaria e accessoria, si metta di contro ad un’altra, con cui naturalmente non ha relazione diretta. In un popolo corrotto i giovani sono oziosi, i vecchi lascivi, e ogni sesso e ogni età è piena di brutti costumi. Al che (ed a ciò) le leggi buone, per esser dalle usanze guaste, non rimediano. Machiavelli. Qui tutti i soggetti stanno naturalmente ed evidentemente in relazione fra loro, e il pensiero passa spontaneo dagli uni agli altri: Vi sarebbe stato difetto a dire: In un popolo ecc. i giovani ecc. i vecchi ecc. e i brutti costumi signoreggiano ogni età ecc. Nè le usanze guaste possono essere corrette da buone leggi; poichè i costumi romperebbero la serie de’ tre primi soggetti uniti per conformità; e le usanze non avrebbero quella forza di opposizione, che qui hanno soltanto le leggi.

§ 15. Vuolsi ancora, quando si muta soggetto, esprimerlo, per regola generale, o col suo nome o con un pronome. È oscuro, per esempio, e vizioso questo periodo. Non stette Andrea con quella mollo, che fu fatto da lei morire, e si maritò ad un altro suo cugino principe di Taranto. Machiavelli. Dove la chiarezza avrebbe richiesto ed ella si maritò. E poco migliore è quest’altro: Non mossero in alcuna parte queste parole l’indorato animo del duca, e disse non essere sua intenzione di torre la libertà ecc. Machiavelli. Dove l’evidenza avrebbe richiesto ed egli disse o, con forma di subordinamento, il quale disse.

§ 16. Inoltre il passaggio da un soggetto all’altro dev’essere ajutato, per regola generale, da congiunzioni precise e determinate, non iscambiando, per esempio, quelle che indicano semplicemente aggiunta, come e, anche, con quelle che segnano una conseguenza od una contrarietà, come laonde, ma ecc. Morto Federigo, restava solo al papa a domare la contumacia de’ Romani; e dopo molle dispute fatte sopra la creazione de’ consoli, convennero che i Romani secondo il costume loro li eleggessero, ma non potessero ecc. Machiavelli. – Ognun vede che il progresso de’ concetti riusciva più chiaro, se a quell’e si fosse sostituita una congiunzione consecutiva, come onde, per la qual cosa o simili.

§ 17. Coordinamento e subordinamento delle proposizioni. Anche il subordinamento delle proposizioni ha per base il coordinamento di esse, e può sciogliersi in quello, quando la naturalezza o la forza lo richieggano.

Porremo qui sotto alcuni esempii paralleli di ambedue le costruzioni, disposti secondo l’ordine delle proposizioni subordinate (vedi P. II, cap. V e VI).

Subordinate Coordinate
Vidi un fanciullo che era bellissimo (Vedi anche P. II, cap. V, § 4) Vidi un fanciullo, ed era bellissimo.
Dico che i malvagi sono infelici. Io dico: i malvagi sono infelici, ovv. I malvagi, io dico, sono ecc.
Voglio che tu mi ubbidisca. Ubbidiscimi, lo voglio.
Non so che cosa io debba fare. Che debbo fare? Io non so.
Annibale, dopo ch’ebbe parlato al suo esercito, ai mise in cammino. Annibale parlò al suo esercito; poscia si mise in cammino.
Mentre tu stai in ozio, io faccio cose utili. Tu stai in ozio, e intanto io faccio ecc.
Io ti rimprovero, perchè ti amo. Ti amo, e però ti rimprovero.
Poichè hai disprezzato i miei consigli, io ti abbandono. Hai disprezzato ecc. ed io ti abbandono.
Se desideri il bene, fuggi i malvagi compagni. Desideri tu il bene? fuggi ecc.
Se ascolterete le mie parole, vivrete felici. Ascoltate le mie parole, e vivrete felici.
Benchè tu studii molto, impari poco. Tu studii molto, ma impari poco.
Quand’anche tutti mi si oppongano, seguirò la virtù. Mi si oppongano pur tutti; io seguirò la virtù.
Conosci i beni che possiedi, affinchè tu possa apprezzarli. Vuoi potere apprezzare i beni che possiedi? Prendine cognizione.
Io studio per imparare. Voglio imparare, e a tal fine studio.
Tu l’hai offeso, senza ch’egli se n’accorgesse. Egli non se n’è accorto, ma tu l’hai offeso.
Quanto più hai, tanto più desideri. Più hai e più desideri, ovvero, hai più, e desideri più.
La virtù è così bella, che l’amano fino i malvagi. Anche i malvagi amano la virtù: tanto essa è bella!

Come si vede da questi esempii, la costruzione coordinata è meno logica, meno serrata, meno precisa della subordinata, ma d’altra parte la supera in forza e vivacità. I poeti in generale, e i prosatori più antichi adoperano il coordinamento con maggior frequenza, che non facciano gli scrittori in prosa dei tempi colti e addottrinati. Nel parlar familiare, e in quelle maniere di scritture che al parlar familiare si accostano, la costruzione coordinata riuscirà in molti casi più efficace e più naturale che la subordinata; ma il sapiente ed accorto alternare di esse, secondo le varietà del sentimento, costituirà il sommo dell’arte.

§ 18. Omissione delle congiunzioni. Così nella costruzione coordinata, come nella subordinata, vien fatto non raramente di omettere le congiunzioni o altre parole facenti ufficio di legamento, massime tra i membri d’un periodo o fra i periodi stessi, bastando in molti casi la material successione di un concetto all’altro, a far chiara la relazione che esso ha col precedente. Eccone alcuni esempli. Egli (il Petrarca) si valse giudiziosamente, in tutte le lingue, di tutte le buone voci: (dunque, e però) col medesimo giudizio è lecito di valersene ancora ad ognuno. (ma) Quel che si deve avvertire è che non si faccia senza considerazione. Caro. – Io mi sono sì lungamente affaticato in provare, quanto sia difficile a tutti di preservarsi a fronte delle occasioni peccaminose. (ma) Ah! folle me, che ora veggo di avere tutta mattina perduto tempo. (poichè) È questa una verità, la più manifesta di quante mai se ne sogliano udir da’ pergami; (e) ciascuno la sa, ciascuno la sperimenta. Segneri. – Gran rimedio della maldicenza .... è il tempo. (quindi) Se il mondo biasima qualche nostro istituto o andamento, buono o cattivo, a noi non bisogna altro che perseverare. (poichè) Passato poco tempo, la materia divenendo trita, i maledici l’abbandonano, per cercare delle più recenti. Leopardi. – Le donne abbassarono il capo; ma nell’animo di Renzo l’ira prevalse all’abbattimento. (poichè) Quell’annunzio lo trovava già amareggiato da tante sorprese dolorose. Manzoni. – La voglia dello spendere viene dalla comparazione che fa uno di sè medesimo con altrui. Si ha (dunque) a cercare di compararsi con chi spende meno. G. Gozzi.

In generale dovranno tenersi queste due regole: di proporzionare la omissione delle congiunzioni all’impeto dell’animo, facendola più spesso là dove un vivo affetto predomina: di procurare che la omissione non guasti la chiarezza, cioè che resti palese la relazione fra i varii concetti; vuoi perchè i seguenti non siano che casi particolari già inclusi nel precedente, e dichiarazione o svolgimento di esso; vuoi perchè fra l’uno e gli altri corra manifesta una relazione di contrarietà o di corrispondenza. Oggi dagli scrittori cattivi o mediocri si abusa di tale omissione, donde è proceduto che lo stile moderno arieggi tanto quello de’ Francesi e (ciò che è peggio) lasci sovente incerto il lettore sul vero intendimento di chi scrive. Delle quali cose potremmo dar più minuta spiegazione, e portare molti esempii, se non ci facessimo scrupolo di invadere, per dir così, i confini dell’arte rettorica.


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