Mercoledì 30 gennaio 2002    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

CAPITOLO II

Parti secondarie della proposizione.

Complementi attributivi.

§ 1. Complementi attributivi. I sostantivi possono ampliarsi e determinarsi coi complementi attributivi, ciascun de’ quali equivale ad una proposizione attributiva abbreviata od implicita. E infatti quando io dico L’anima umana è immortale, vengo a dire L’anima che è umana ecc. ossia affermo che quell’anima di cui parlo, è l’umana, l’anima dell’uomo. (Vedi più oltre il capit. sulle proposizioni attributive o relative). I complementi attributivi possono essere 1. sostantivi, tanto usati in apposizione, cioè per compiere o spiegare un’idea, quanto come semplici attributi, come facenti parte d’una stessa idea col nome che li regge; 2. aggettivi; 3. frasi composte di un sostantivo preceduto da preposizione. Possono poi questi complementi esser determinati essi stessi da altri complementi.

§ 2. Sostantivo in apposizione. Un sostantivo si appone, senza preposizione alcuna, ad un altro sostantivo o ad un’intera proposizione, per compierne o spiegarne il significato. Il sostantivo dell’apposizione, quando è preso in senso generale e indeterminato, ricusa gli articoli; li ha bensì, quando vien preso in un senso particolare, o quando si riferisce a cosa nota, o serve per distinzione.

Senza articolo. Avea Giambologna scultore insigne finito e messo su il cavallo di bronzo. Dati. – Il fatto era accaduto vicino a una chiesa di cappuccini, asilo impenetrabile allora a’ birri. Manzoni. – La porta era chiusa, segno che il padrone stava desinando. Manzoni. – Siccome avverte S. Giovanni Grisostomo. Segneri. – Aveva egli (Tobia) nella sua canuta vecchiaia un sol figliuoletto, speranza della sua stirpe, sostegno della sua debolezza e quasi luce della sua cecità. Segneri.

Con articolo o con un dimostrativo determinato: S. Pietro il Crisologo me l’ha detto. Segneri. – Bice, la figlia del conte del Balzo. Grassi. – Lecco viene in parte a trovarsi nel lago stesso; un gran borgo al giorno d’oggi. Manzoni. – Si rimiri Lazzaro, quel gran fratello di Marte e Maddalena. Segneri. – Or se’ tu Oderisi L’onor d’Agobbio e l’onor di quell’arte Che alluminare è chiamata a Parisi (Parigi)? Dante. (Vedi anche P. I, cap. XIII, § 32, nota).

§ 3. Anche l’aggettivo sostantivato si appone al sostantivo, specialmente per indicare un titolo o un soprannome a modo di antonomasia, o per esprimere il grado superlativo; per es. Filippo il bello, Alfonso il magnanimo, Firenze la bella, Napoli la grande ecc.; il più bello, il migliore. Usava di venire a questo luogo una delle sue capre, la più cara che avesse. Caro. – Non dovrebbero (questi ragionamenti) a Lei correre d’ogni parte, come a lor protettore il maggior di tutti? Segneri. – Mi venne una volontà di voler ricordare il nome di quella gentilissima ed accompagnarlo di molti nomi di donne e presi il nome di sessanta le più belle della cittade (città). Dante.

Il sostantivo apposto non ripete la preposizione del sostantivo, da cui dipende. Seguendo l’ire e i giovenil furori d’Agramante lor re (non del lor re). Ariosto. Talora bensì, per maggior energia o per chiarezza, si sostituisce all’apposizione la ripetizione del costrutto; p. es. a Cristoforo Colombo, allo scopritore dell’America sarà eterna gloria: Si mostra a Leucade la tomba d’Artemisia, della famosa regina di Caria. Prese dell’oro, del più fino che si potè trovare.

§ 4. Il sostantivo come attributo, si adopera dopo un nome proprio di persona o dopo i nomi casa, palazzo ecc. p. es. Dante Alighieri, Vittorio Alfieri, casa Davanzati, palazzo Strozzi ecc. o coi nomi propri di monte e di fiume, dopo il nome comune corrispondente; p. es. il fiume Reno, il monte Rosa, il monte S. Giuliano, e spesso anche coi titoli delle vie, delle strade, dei teatri, de’ caffè e d’altri pubblici edifizi; p. es. Via Calzajuoli, Piazza S. Giovanni, Caffè Landini, Teatro Re Umberto ecc. ma in altri casi mettesi la preposizione; p. es. Piazza della Signoria, Via de’ Cerretani, Piazza delle Cipolle, Caffè degli artisti, ecc. ecc. Si usa pure come attributo il nome numerale, per ispecificare l’anno: p. es. l’anno 1882, l’anno cinquecento avanti l’èra volgare ecc. ecc. Il che seguì l’anno 1080. Machiavelli.

§ 5. Aggettivo. Sua concordanza. L’aggettivo (come pure il participio, il pronome, od altro che ne tenga le veci) determina un sostantivo sia a maniera d’attributo, sia a maniera di apposizione e deve concordare con esso nel modo medesimo che abbiam detto del predicato (vedi qui addietro, cap. I, § 9 e seg.). Se i sostantivi con cui deve accordarsi, essendo più d’uno, differiscono tra loro per numero o per genere o per l’una e l’altra cosa, si seguono anche qui le stesse regole; se non che in questo caso il sostantivo più vicino (quando si tratti di cose inanimate) suole spesso dar norma all’aggettivo; p. es. Considerate (participio) le maniere e i costumi di molti ecc. Boccaccio. – Gli alberi e le altre piante educate e disposte in ordine. Leopardi. – Il resto (è) campi e vigne sparse di terre, di ville, di casali. Manzoni. – Se il sostantivo è plurale e gli aggettivi sono più d’uno, pongonsi in plurale, quando si riferiscono a tutta intera l’idea espressa dal sostantivo, p. es. le cose terrene e caduche; si mettono però in singolare, quando si riferiscono a più specie contenute in quel sostantivo. Cercai ne’ due vocabolarii latino e italiano l’articolo «frati ». Alfieri. – V’unì un collegio .... per lo studio delle lingue greca, latina e italiana. Manzoni.

Talora si congiungono due o più aggettivi o participii passati di genere diverso facendoli concordare rispettivamente coi loro sostantivi posti prima di essi. Signor, gran cose in picciol tempo hai fatta .... Eserciti, città, vinti, disfatte. Tasso. Ma è un uso più proprio del verso che della prosa.

§ 6. L’aggettivo ora premesso e più sovente posposto al sostantivo (vedi la Parte III [cap. I § 3 Red.]) determina il nome in mille svariate maniere specificandone la qualità, la foggia, l’origine, l’appartenenza, il numero, le relazioni ecc. ecc. (vedi Gramm., Parte III, cap. V). È raro per altro nei prosatori, e più ancora nel parlar familiare, l’uso degli aggettivi indicanti materia (Gramm., cap. cit., § 1). Il sol dell’aurea luce eterno fonte. Tasso. – Gli argentei masi dierono (dettero) le copiose vivande. Boccaccio. – Altri in l’orrore Chiuse di ferrea gabbia. Redi. – in luogo de’ quali e de’ simili si adoperano i complementi attributivi con di: d’oro, di argento, di ferro ecc. (Vedi più oltre).

Alcuni sostantivi usati come semplice attributo, prendono il senso di aggettivi. Tali sono maestro; p. es. la strada maestra, la trave maestra, la chiave maestra, le penne maestre, con mano maestra; madre, figlia, sorella, p. es. la lingua madre, le lingue sorelle ecc. vergine, p. es. la cera vergine ecc. ed altri.

§ 7. Frasi con preposizioni. Invece degli aggettivi o per certe determinazioni, a cui gli aggettivi non basterebbero, si usano altri complementi attributivi che consistono in frasi, composte di un sostantivo (o parola sostantivata) e di una preposizione. Fra i molti e svariati complementi di questo genere, noi ci restringeremo ai più singolari e degni d’esser conosciuti.

Denominazione. Il nome d’una cosa si aggiunge alla cosa stessa mediante la prep. di; p. es. il fiore della rosa, il frutto della pesca, la maschera dell’Arlecchino, la virtù della temperanza ecc. Ciò accade specialmente:

dopo i nomi geografici città, fortezza, villaggio, castello, regno, impero, repubblica, ducato e altri simili; p. es. la città di Roma, la fortezza di Pizzighettone, il castel dell’Ovo, il regno d’Italia, l’Impero di Francia, il ducato di Milano ecc.;

dopo le parole nome, titolo, numero ecc.; p. es. il nome di Paolo, il nome di cristiano, il titolo di marchese, il numero del sei (ma anche il numero sei). Donde si derivasse il nome di Firenze, ci sono varie opinioni. Machiavelli.

dopo le parole mese; p. es. il mese di aprile, il mese di giugno ecc.;

dopo un nome sostantivo (o aggettivo sostantivato) indicante una qualità spirituale o corporale attribuita ad una persona, quando si vuol porre in maggior rilievo l’idea contenuta nel nome stesso; e per lo più vi si premette un pronome dimostrativo determ. (quello, questo ecc.). Questo diavolo di questa femmina mi si parò dinanzi. Boccaccio. – Quell’animale di Don Rodrigo. Manzoni. – Che diamine si vanno macchinando questi furfanti degli uomini? Leopardi. – Questo bell’edifizio dell’uomo ecc. G. Gozzi. – Molto avevan le donne riso del cattivello di Calandrino. Boccaccio. – Lo spensierato d’Attilio. Manzoni. – Acconsentì il semplice dell’istrice e tutto si disarmò. Firenzuola. – Se a queste locuzioni segue un aggettivo o participio, esso si accorda regolarmente col nome dello persona; p. es. quella bestia del mio servitore meriterebbe d’esser punito.

§ 8. Possesso. La persona o cosa, a cui un’altra cosa o persona appartiene come possesso, si costruisce colla prep. di. (A questo complemento corrispondono i pronomi possessivi aggettivi, mio, tuo, suo, altrui ecc. Vedi P. I, cap. VII). Il possesso poi può essere in senso proprio o figurato; p. es. la casa del conte, lo scrigno dell’avaro, i fiori dell’albero, le opere di Dante, te contrade di Firenze, i fogli del libro, le finestre di una casa, i lidi del mare, le spalle di Francesco, i piedi del cane, la verità di una sentenza, la coltura de’ costumi, il dolore dell’animo.

Dopo il nome casa gli antichi sopprimevano il di apponendo la persona che la possedeva; p. es. a casa il medico, la moglie, i fratelli ecc.

Si può risguardare come possesso anche la parentela o la patria; per esempio, il figlio del principe, la moglie del contadino, un uomo della Liguria, i cittadini di Firenze, Alessandro Manzoni di Milano.

Anche da indica spesso la patria; p. es. S. Margherita da Cortona, Leonardo da Vinci. Questa giovane non è da Cremona, da Paria, anzi è Faentina. Boccaccio. Vedi nel capitolo seg. i complementi di luogo.

Quanto alle strette relazioni fra il complemento di possesso e quello d’interesse costruito con un verbo, vedi il capitolo seguente.

§ 9. Qualità. La qualità o proprietà appartenente ad una cosa o persona si costruisce con di; p. es. uomo di giudizio, di senno, di merito, d’ingegno, di testa, di valore, cosa di momento, di rilievo, di colore. Vi corrispondono gli aggettivi: uomo giudizioso, assennato, degno ecc. Spesso il complemento è determinato da un aggettivo; p. es. uomo di gran giudizio, di alto ingegno, di vasta coltura, di grande ardire, di molto cuore, di bella presenza, di buon animo. La proprietà può esser anche di tempo; p. es. giovine di venti anni, la guerra dei sett’anni, una malattia d’un anno, un travaglio di lunga durata.

Talora la qualità si esprime come un rapporto di convenienza, per mezzo della prep. da; p. es. magnificenza da principe; azione da cavaliere; colpo da maestro, capriccio da fanciullo; uomo da molto, da poco, dabbene (da bene). Già l’aveva sentito dire ch’era un uom da poco. Manzoni. Nello stesso modo si determina il prezzo di una cosa: un panino da due soldi, un cappello da venti lire.

§ 10. Specificazione. Il sostantivo particolare che determina il significato d’un altro sostantivo generico, si costruisce con di; p. es. consiglio di stato, compagno di scuola, uomo di guerra, mozzo di stalla, testimone di vista, garzone di bottega, uomo di lettere, pane di munizione, libro di poesie, lettere di credenza, polizza del lotto, prontezza d’ingegno; e coll’infinito: l’abilità di fare qualche cosa, l’arte di tessere, l’efficacia di commuovere ecc. Spesso il complemento è un nome geografico; p. es. il re d’Italia, l’imperatore di Germania, il vino di Spagna, i confetti di Pistoja, il formaggio di Parma. Anche qui si possono molte volte sostituire gli aggettivi; p. es. testimone oculare, uomo letterato, lettere credenziali, ingegno pronto, l’imperatore Germanico, il formaggio parmigiano. La specificazione può farsi anche con avverbii di luogo e di tempo; p. es. gli uomini di costà, la festa d’oggi, la commedia di jeri ecc.

Quando la specificazione consiste nella parola colore seguita da un’altra specificazione, si omette o una o tutte e due le volte la prep. di; p. es. una gonnella color di piombo o piombo, un velo color di rosa o rosa, raggi color d’oro, un abito color viola.

§ 11. Quando la specificazione denota più particolarmente lo scopo, a cui una cosa deve servire, allora si usa la prep. da; p. es. vaso da olio, vaso da fiori, molino da grano, veste da camera, fazzoletto da collo, da naso, veste da donna, carta da lettere, arme da fuoco, orologio da tasca, carrozza da viaggio, cane da presa, pazzo da catena, donna da marito. Con un infinito: roba da mangiare, panni da lavare, uomo da ammirarsi, da lodarsi ecc. (Vedi la Parte II [in realtà P. I], cap. XX, § 15). Anche qui si sostituisce talora l’aggettivo; p. es. veste femminile, orologio tascabile, uomo ammirabile.

Si noti il complemento generico da ciò per atto a ciò o sim. Egli è il miglior uomo da ciò. Boccaccio.

Quando la specificazione denota più particolarmente la forma o struttura d’una cosa, si usa la prep. a; p. es. nave a vela, a vapore, sedia a bracciuoli, cappello a tre punte, serpente a sonaglio, scala a piuoli, mulino a vento.

§ 12. Circostanza. La circostanza o l’accessorio che accompagna una cosa o persona si esprime per mezzo della prep. con, a cui corrisponde, in senso negativo, la prep. senza; p. es. uomo colla barba, occhio colla cispa, artigli coll’unghie, cane colla museruola, strada col marciapiede, fronte colle rughe. Uomo senza barba, occhio senza cispa ecc. ecc. Vi corrispondono anche qui gli aggettivi: uomo barbuto, occhio cisposo, fronte rugosa ecc.; e la locuzione si può in tutti i casi risolvere per mezzo di avere con un oggetto; p. es. uomo che ha la barba, fronte che ha le rughe ecc.

Spesso il sostantivo di complemento è determinato da qualche aggettivo od altro complemento; per es. uomo colla barba lunga, nera; strada con largo marciapiede. Genti v’eran con occhi tardi e gravi. Dante. – Ecco la fiera con la coda aguzza. Dante. – Si vide una cometa con lunga e risplendente coda. Varchi. – Mi par di riconoscere il mio proprio ritratto con un viso di mummia, sparutello, secco .... con un certo colorito di crosta di pane. Redi.

Quando la circostanza si fa valere come distintivo d’una cosa dalle altre, usasi la preposizione da sempre articolata; p. es. la giovinetta dalle chiome d’oro, l’uomo dalla cappa nera, un vecchio dai capelli bianchi. Dimmi, Chi è colui dalla veduta amara? Dante. – Quest’angioletta mia dall’ali d’oro. G. De’ Conti.

L’usare in questo caso la prep. a è francesismo rimasto però, come eccezione, nella lingua poetica. La lonza alla pelle dipinta. Dante. – I Geloni alla dipinta pelle. Strocchi.

È pur da risguardarsi come francesismo significare il complemento di circostanza per mezzo di una locuzione assoluta articolata, senza il con; p. es. Io era ritto sul finestrone, le braccia tra le sbarre, le mani incrocicchiate (colle braccia ecc. colle mani ecc.). Pellico.

§ 13. Materia. Il sostantivo indicante la materia, di cui è formata una cosa, si pone colla prep. di; p. es. statua di marmo, moneta d’oro, cappello di paglia, fiocco di neve, filo d’oro, filo di ferro, esser di pietra, diventare di sasso ecc. I capei (capelli) d’oro fin farsi d’argento. Petrarca.

Si adopera in solo quando vuolsi indicare la materia nella quale si è eseguito un lavoro: intagli in legno, lavori in capelli.

§ 14. Soggetto e oggetto. Coi sostantivi che hanno senso di azione, il complemento che corrisponde al soggetto o all’oggetto di essa si costruisce colla prep. di; p. es. l’amore di Dio (Dio ama); il suono della campana (la campana suona); un giuoco di mano (la mano giuoca); Peggio è l’invidia dell’amico, che l’insidia del nemico. Giusti. – Amore della patria (amar la patria), timore di Dio (temere Dio), desiderio della pace (desiderare la pace), medicina delle passioni (medicare le passioni), pescatore d’anguille. Negli uomini si rinnovellò quel fastidio delle cose loro, e rinfrescossi quell’amaro desiderio di felicità (avere a fastidio le cose, desiderare la felicità). Leopardi. – Disse il cantor de’ buccolici carmi. Dante.

§ 15. Il complemento dell’oggetto si usa pure con aggettivi e sostantivi di senso verbale; p. es. bramoso, desideroso del danaro, invidioso della felicità, liberale del suo, parco di quel d’altri, pratico d’un’arte, studioso delle scienze, amatore della virtù, filatore di seta. Bramoso di vendetta si ritira. Ariosto.

Quando la chiarezza o la varietà lo richiedano, il complemento oggettivo si sostituisce, presso alcuni di questi sostantivi, con altri complementi; p. es. l’amore alla patria, la compassione per gl’infelici, la pietà, il rispetto verso i vecchi. Vedi il cap. seguente.

§ 16. Tutto e parte. (Complemento partitivo). Il sostantivo indicante il tutto rispetto ad un altro sostantivo indicante la parte si costruisce colla prep. di (partic. avverbiale ne: vedi P. I, cap. XXV, § 14); p. es. una quantità di persone, una schiera di soldati, un gran numero di libri, uno stormo d’uccelli, una banda di assassini, una raccolta di poesie, un fascio di legna, un mazzo di fiori, una presa di tabacco, un grappolo d’uva, ogni genere di virtù, un pajo di brache; un sacco di grano, un bicchier di vino ecc., ne bevo un bicchiere.

Dopo le voci sorte, specie, ragioni (nel senso di specie) e sim. può omettersi la preposizione. Taglieri alzando d’ogni sorta carni. A. M. Salvini. – Più sorte vini. Lippi.

§ 17. Il complemento partitivo (con di o fra) si unisce anche ai numerali ed ai pronomi dimostrativi ed interrogativi usati sostantivamente. Se il pronome è preso in senso astratto o neutro, anche il sostantivo del complemento (con di) dev’essere della stessa specie; p. es. due di loro o fra loro; c’è questo di vantaggio; quelli degli o tra gli amici; alcuno di loro o fra loro, alcuni degli antichi sapienti; ciascuno dei fratelli; che o che cosa vi è accaduto di male? chi di o tra voi è il più saggio? nulla di bene, niente di bello.

§ 18. I pronomi e gli avverbii di quantità (compresi anche tanto e quanto) non prendono per regola il complemento partitivo, come nella lingua francese, ma si accordano a guisa di aggettivi coi loro sostantivi; p. es. tanto pane, quanto vino; poca salute, pochi uomini, troppi debiti ecc., assai vino, abbastanza pane, più denari, meno sapienza ecc. – Un poco riceve però sempre il complemento partitivo; un poco di pane (non un poco pane), un po’ di fuoco ecc.

§ 19. Possono, ciò nondimeno, costruirsi anch’essi col partitivo, quando si voglia porre in ispecial rilievo e distinzione la quantità da loro significata. Non vi potrei dire quanto rimanessi maravigliato che in un povero villano si ritrovasse seppellito tanto di buon gusto e di senno (qui tanto spicca più, che se dicesse tanto buon gusto). G. Gozzi. – Non si potrebbe pensare quanto di autorità e forza in poco tempo Firenze si acquistasse. Machiavelli. – I Romani in questi tempi aveano ripreso alquanto d’autorità. Machiavelli. – Per alquanto di tempo ecc. Leopardi.

Dinanzi ai pronomi sostantivi è sempre necessario il complemento partitivo; p. es. quanti di noi, di voi, di loro; alcuni, parecchi ecc.; di essi, di quelli ecc. (non quanti noi, nè alcuni essi).

Per idiotismo popolare, non raro negli scrittori antichi, il pronome quantitativo, conservando natura di aggettivo si accorda talora nel genere e nel numero col sostantivo del complemento. Con lui fece in poca d’ora una gran dimestichezza (in poco d’ora). Boccaccio. – Se non fosse questa poca di speranza, io credo certo ch’i’ mi strangolerei. Firenzuola. – Lui presero nella battaglia con molta di sua gente. G. Villani. – Conoscendolo in poche di volte che con lui stato era. Boccaccio. – È però da fuggirai la frase un poca d’acqua e sim., benchè frequente nel parlar vivo e adoperata altresì talvolta dagli antichi.

Anche gli avverbii esprimenti quantità possono unirsi per la stessa ragione al complemento partitivo con di; p. es. assai di pane, abbastanza di virtù, più di male, meno di bene, ne ho assai, abbastanza. Si richiede sempre il complemento, quando il sostantivo ha gli articoli od è un pronome; p. es. Chi ha abbastanza di una cosa, ha già più di quel che gli occorre. Tommaseo. Più e meno in senso superlativo richiedono il complemento: il più o il meno de’ giovani, il più della gente o (con accordo del genere e del numero) la più della gente, i più fra quelli, le più delle volte; ma in senso di comparativo possono anche farne senza, p. es. ho più di timore che di speranza, ovvero ho più timore che speranza; ho meno di costanza che di coraggio.

§ 20. La particella avverbiale ne premessa o attaccata a un verbo può fare da complemento partitivo tanto coi sostantivi, quanto colle altre parti del discorso sovra indicate; p. es. ne prese una quantità; non ne voglio alcuno; nel qual caso i pronomi si accordano rispetto al genere col sostantivo, cui si riferisce la particella ne; p. es. ve n’erano alcuni (uomini), alcune (donne); veggo que’ pani, ne voglio molti; (di quelle pesche) datemene una.

§ 21. Complemento partitivo indipendente. Spessissimo il complemento partitivo si usa in modo indipendente da ogni altra parola, per indicare una parte di una cosa o un certo numero indeterminato di cose. Ciò si può fare in due modi:

in senso affatto generico per indicare tutto un genere o un numero di cose: questa costruzione si fa colla semplice di non articolata e, per lo più, accompagnata da un aggettivo. Per queste contrade e di dì (giorno) e di notte vanno di male brigate assai, le quali molte volte ne (ci) fanno di gran dispiaceri e di gran danni (è come se si togliesse il di, dicendo gran dispiaceri e gran danni). Boccaccio. – Si videro di gran novità in tutta la sua condotta. Manzoni. – Dava loro di fiere scosse. Manzoni. – Io ho di belli giojelli e di cari. Boccaccio:

in senso più determinato equivalente presso a poco ad alcuni: questa costruzione si fa colla prep. articolata dello, della, degli ecc. e piglia il nome di articolo partitivo (vedi P. I, cap. XIII, § 9): senza aggettivo; p. es. del vino, dell’olio, degli uomini, de’ libri: con aggettivo; p. es. del buon vino, dell’olio squisito, degli uomini dotti, de’ libri dilettevoli.

Sono da risguardarsi come locuzioni partitive di molto o di molti, invece del semplice molto, e così pure di più, di meno, per esprimere con più chiarezza la quantità che potrebbe accennarsi coi semplici avverbii. Una vite con di molti grappoli suvvi. Caro. – Non disse di più. Boccaccio

§ 22. Complemento partitivo coi verbi. Il Complemento partitivo indipendente si adopera altresì dopo alcuni verbi:

dopo essere, parere e simili verbi predicativi (vedi P. II, cap. I, § 7). Lei non è di quelli che dan sempre torto a’ poveri. Manzoni. – Federigo Borromeo fu degli uomini rari in qualunque tempo. Manzoni. – Parve di coloro Che corrono a Verona il drappo verde. Dante;

dopo avere, tenere, fare e sim. con un aggettivo per lo più di senso neutro (P. I, cap. II, § 7 verso il fine), o un sostantivo per lo più di senso personale. Questo Ippocrate ha del mirabile e del divino. G. Gozzi. – Quell’ingrato popolo .... Che tiene ancor del monte e del macigno. Dante. – Tu fai dell’animoso ora e del fiero. Berni. – L’ignorante vuol fare dell’istruito, il rustico del contadino. Leopardi;

dopo dare, nel senso di attribuire un titolo ad alcuno. Si comincerà a dare dell’eminenza ai vescovi. – Manzoni. Dar del baggiano a un Milanese è come dar dell’illustrissimo a un cavaliere. Manzoni. Per lo stesso costrutto si usa dar del tu, dar del lei, dar del voi (vedi P. I, cap. VI, § 16).

§ 23. Duplicazione del complemento partitivo. Il complemento partitivo si duplica nella stessa proposizione colla particella ne (vedi addietro, § 20), quando il soggetto o l’oggetto del verbo resterebbero indeterminati e non si saprebbe a che cosa si riferissero; ma non si duplica, quando sono determinati di per sè; p. es., dei libri ne ho molti o ne ho molti de’ libri. Invece: dei libri ho soltanto Dante e il Petrarca.

Nella duplicazione del partitivo si usa talvolta, almeno parlando familiarmente, omettere la preposizione; p. es. libri ne ho molti, non ne vendo salsiccie.


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