Sabato 24 novembre 2001    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

CAPITOLO XXVIII

Uso delle Interjezioni.

(Gramm., Parte II, cap. XXXI)

§ 1. Le interjezioni propriamente dette non hanno di per sè alcun senso chiaro o preciso, ma sono espressioni istintive di qualche affetto o sensazione. Non si può determinare esattamente a quale sentimento corrisponda ciascuna di esse, potendo una medesima interjezione manifestare più e diversi moti dell’animo. Diremo soltanto, così in generale, che oh esprime, più che altro, la maraviglia; ah l’allegrezza; eh una maraviglia mista di ripugnanza; mah, cheh (solita a scriversi che), incredulità o disprezzo; ahi, ohi, uh, uhi il dolore; ohibò, un senso deciso di ripugnanza; puh, ripugnanza e sdegno; ih, la rabbia e la stizza; ehi, olà, la chiamata di alcuno; deh, la preghiera; guai, la minaccia ecc. Il significato delle altre interjezioni è fatto chiaro abbastanza dalle parole stesse, di cui sono formate.

§ 2. Ad ahi, ohi si congiunge spesso la forma oggettiva di prima persona, me: ahimè, ohimè (ohisè antiquato). Con un aggettivo usato a maniera di interjezione si adopra la medesima forma, ed inoltre te, lui, lei, loro (non egliella): felice te! me sventurato! benedetto lui! maledetti loro! poveretta lei! (Vedi addietro, cap. VI, § 8). Talora con la preposizione a: povero a me! poveretto a lui!

§ 3. La interjezione ecco equivalente presso a poco a vedi, guarda o sim. ha molti usi che siamo andati notando via via, e che qui raccogliamo insieme:

si affigge le enclitiche pronominali e l’avverbiale ne; p. es. eccomi, eccoti, eccolo ecc. eccoci (ecco noi), eccovi (ecco voi), eccone (vedi Gramm., P. II, cap. XXVIII, § 7). – Eccoti si usa per maggior vivacità invece di ecco. Dicendo queste parole, eccoti quel malvagio Giuda, e pessimo mercatante. Vita di Cristo;

regge, a maniera di oggetti, nomi, pronomi (in forma oggettiva), infiniti, participii e proposizioni oggettive. – Quand’ecco i tuoi ministri io non so d’onde. Petrarca. – Ecco lui pronto A renderci di sè, disse, buon conto. Ariosto. – Ecco entrare nella chiesa tre giovani. Boccaccio. – Ecco i giudici a sedere. G. Gozzi. – Eccoti nato il dispregio che l’una classe ha per l’altra. G. Gozzi. – Ecco che la fortuna ai nostri cominciamenti è favorevole. Boccaccio:

resta indipendente, ed ha più propriamente il valore d’ interjezione. – Ecco, disse la donna, per questa volta io non vi voglio turbare nè disubbidire. Boccaccio. – Ecco apparir Gerusalem si vede. T. Tasso. – Ecco bello innamorato! or non ti conosci tu, tristo? Boccaccio; si rafforza cogli avverbii locali qui, qua, li, . – Ecco qua i frutti della vostra lunga pazienza! Segneri.

§ 4. O (senza h) si usa o solo o davanti ad un nome, per chiamare qualche persona o cosa; p. es. o vien qua; o Giovanni, o Agnese, o fratelli, o donne, o lupo, o cavallo ecc. o quel giovine, o quella signora ecc.:

e con pronomi personali: o voi, o te, o colui ecc. O voi che siete in piccioletta barca ecc. Dante. – O tu che se’ di là dal fiume sacro. Dante. – Per chiamare con più insistenza usasi olà, ehi.

§ 5. La seconda singolare dell’imperativo assume spesso il valore d’interjezione, e ciò in alcuni verbi di percezione, per lo più abbreviati; guarda o gua’,. vedi o ve’, togli e to’, senti, odi, mira; p. es. Guarda chi vedo! Gua’ chi mi predica la pazienza! Gua’, gua’ un cavallo scappato! Rigutini. – Senti! o questa è bella! Rigutini.

Quanto all’uso degli avverbii e no, vedi la Parte II nel capitolo delle Proposizioni affermative e negative [cap. VII § 12 Red.].


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