Martedì 7 agosto 2001    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

CAPITOLO XII

De’ pronomi relativi, interrogativi ecc.

(Gramm., Parte II, cap. XVI)

§ 1. Natura de’ pronomi relativi. Questi pronomi si chiamano relativi, perchè corrispondono e fanno da complemento a quelli dimostrativi determinati e, per estensione, anche indeterminati (Gramm., pag. 138, § 6). Questa correlazione si perde nelle proposizioni che includono un dubbio, o una domanda, od una esclamazione, come vedremo.

§ 2. Quale e tale. A tale dimostrativo di qualità corrisponde quale relativo pur di qualità. Quindi nelle proposizioni comparative si usano ambedue. La cosa è tale quale, io ve la dico. Manzoni. – Quale il padre, tale il figlio. Giusti.

Frase ellittica: tale e quale o tal quale per indicare una perfetta somiglianza; p. es. come lo somiglia questo ritratto! è tal quale; ovvero anche in senso indeterminato di un certo. Essa sentiva uscir dalla fatica una tal quale placida malinconia. Grossi.

§ 3. Quale senza tale. Spesso si omette tale. Piacemi almeno ch’i miei sospir sien quali Spera il Tevere e l’Arno. Petrarca. – Dopo una sera quale l’abbiamo descritta, e una notte quale ognuno può immaginarsela. Manzoni. Altre volte invece di tale sta un nome. Ma tu saggia qual sei, dai fede a questo Torbido sogno. G. B. Niccolini. – Non debbe illustre, .... a pro guerrier qual sei, Parere il mezzo onde sul trono io seggo. Alfieri. – Ma in questo senso si adopera più spesso l’avverbio relativo come.

§ 4. Quale nelle comparazioni. Nelle comparazioni poetiche si usa tale e quale neutralmente nel senso di come, così. Quale i fioretti dal notturno gelo Chinati e chiusi, poi che ’l Sol gl’imbianca, Si drizzan tutti aperti in loro stelo. Tal mi fec’io di mia virtute stanca. Dante.

Quale usasi pure con un predicato nominale. Petrarca saluta qual suo maestro, Dante. Gozzi.

§ 5. In senso partitivo. Quale .... quale ecc. prende senso partitivo pari ad alcuno .... alcuno. I nostri cittadini da Bologna ci tornano qual giudice e qual medico e qual notajo. Boccaccio. – Qual fior cadea sul lembo, Qual sulle treccie bionde .... Qual si posava in terra e qual sull’onde. Petrarca.

§ 6. In frasi interrogative ecc. Quale in frasi interrogative dubitative od ammirative si adopera riferito ad un nome, che talora si trova subito dopo dì esso, talora in altro luogo della proposizione. Non so qual Iddio dentro mi stimola a doverti il mio peccato manifestare. Boccaccio. – Qual vaghezza di lauro, qual di mirto? Petrarca. – Quali furono le tue meditazioni per riuscire buon poeta? Gozzi. – Erano in vigore due consuetudini contrarie, senza che, fosse deciso qual delle due fosse la buona. Manzoni. – Oh che vegg’io! qual meraviglia! Gozzi.

§ 7. Quanto. A tanto dimostrativo di quantità corrisponde quanto relativo pur di quantità. Quindi nelle proposizioni comparative si usano ambedue. Non sono i giovani d’una contenti, ma quante ne veggono, tante ne desiderano. Boccaccio.

Spesso si omette tanto sostituendo il nome, il quale per regola si pospone al pronome quanto. – Di borsa gli trassi quanti danari egli avea. Boccaccio. (Se si pone innanzi, deve richiamarsi con un ne; p. es. Denari quanti ne avea).

§ 8. Quanti usato assolutamente nel maschile plurale indica uomini, persone. Erano riusciti in una camera appartata, fuor della mista di quanti stavano sulla festa. Grossi.

In forma neutra: Quanto piace al mondo, è breve sogno. Petrarca.

§ 9. Avverbialmente. Quanto tu ragionevolmente ami Sofronia, tanto ingiustamente della fortuna ti duoli. Boccaccio. – Il cuore di Faraone era indurito quanto il vostro. Manzoni. – Specialmente si usa dinanzi al comparativo, in corrispondenza di tanto: L’operare è tanto più degno e più nobile del meditare, quanto è più nobile il fine che il mezzo. Leopardi. Vedi Parte II, dove si tratta delle proposizioni comparative.

§ 10. In frasi interrogative ecc. In frasi interrogative, ammirative o dubitative: Mira quante vaghezze ha il ciel sereno, Quante la terra! Guarini. – Quanti celibi e quanti al mar consegna La cupidigia de’ mortali! Parini. – Cominciò a riguardar quanti e quali fossero gli errori che potevano cader nelle menti degli uomini. Boccaccio. – Quanti felici son già morti in fasce? Petrarca. – Quanto tesoro volle Nostro Signore in prima da San Pietro Che ecc.? Dante.

Locuzioni avverbiali: quanto a o in quanto a. p. es. Quanto a me, la cosa non è d’alcun danno. Tanto o quanto nel senso di qualche poco: Non fu nazione sì fiera, che non sentisse tanto o quanto di questa dolcezza del culto divino. V. Borghini.

§ 11. Che. Ai pronomi dimostrativi d’ogni genere, riferiti tanto a cosa quanto a persona o neutralmente usati, maschili o femminili, singolari o plurali, corrisponde il pronome indeclinabile che, detto da noi relativo puro, perchè non fa sentire nè la quantità nè la qualità, ma il puro essere d’una cosa o persona. Si usa regolarmente come soggetto o come oggetto, di rado, nell’uso moderno, come termine o complemento indiretto, e quando fa da relativo puro, è sempre sostantivo. Es. Colui che lavora, colei che cuce, coloro che camminano, quello (quella cosa) che mi affligge: colui che io lodo, colei che ho amata, coloro che vedo, alcuni che conosco, ciò che io aspetto, quello che noi vogliamo ecc. ecc.

Invece dei pronomi dimostrativi può stare davanti a che qual si sia parte del discorso sostantivata. Io che, il suo (libro) che, molti che, l’uomo che, il vivere che ecc. È raro l’uso di tutti che invece di tutti quelli che. Perchè non tutti che hanno studiato ed hanno un grande ingegno sono poeti? Leopardi.

Talora dopo quello si omette il che. Avere quell’ardore ebbe lui. Sacchetti. – Tu sai quello hai a fare. Machiavelli. Ma oggi nelle scritture è rarissimo.

§ 12. Cui invece di che. Dopo preposizioni, ossia nei complementi indiretti il pron. relativo puro cui sostituisce regolarmente che tanto nel singolare, quanto nel plurale. O anima cortese mantovana, Di cui la fama ancor nel mondo dura ecc. Dante. – Par che segni il punto, in cui il lago cessa. Manzoni. – Posciachè a lui parve esser sicuro e fuor delle mani di coloro, da cui quelli erano stati assaliti, ecc. Boccaccio. – Molti son gli animali, a cui s’ammoglia. Dante.

§ 13. Come oggetto cui si adopera spesso in verso, ma nella prosa è raro, eccetto il caso che giovi alla chiarezza. Il core agghiaccia Al passeggier, cui semivivo e nudo Lascia in breve fra’ sassi. Leopardi. Non può per altro riferirsi ad un pronome neutro, onde sarebbe improprio dire: ciò, cui veggo; quello (quella cosa), cui amo.

Spesso si tralascia davanti a cui la preposiz. a. Voi, cui fortuna ha posto in mano il freno Delle belle contrade. Petrarca. La prep. di si tralascia soltanto quando le preceda l’articolo. Iddio mi pose avanti questo giovane, i cui costumi e il cui valore son degni di qualunque gran donna. Boccaccio.

Talora per eleganza può usarsi che anche dopo preposizioni, specialmente quando si riferisce a cosa, non a persona. Quelle somiglian robe, di che io già vestito ne fui. Boccaccio. Quanto alle locuzioni congiunzionali di che, senza di che o sim. vedi § 15 e 17.

§ 14. Che con ellissi della preposizione. Che si usa quasi sempre per in cui (o quando) riferito a un nome esprimente tempo. Era ’l giorno che al Sol si scoloraro, Per la pietà del suo Fattore i rai. Petrarca. – Ma nell’ora che ’l Sol più chiaro splende. Tasso. – Così pure invece di a cui o di cui in frase comparativa dopo stesso, medesimo, espressi o sottintesi. Trovai molti compagni a quella medesima pena condannati che (a cui era condannato) io. Boccaccio. – Una giovane, la quale della persona (cioè della stessa persona) gli pareva che la giovinetta, la quale avea proposto di sposare. Boccaccio. – Così diciamo: Tu soffri dello stesso male che io. Nel momento che voleva partire, mi sopraggiunse una grave debolezza.

Si usa pur bene che l’uno per di cui o dei quali l’uno. Mandolla a due cristiane che l’una avea nome Crista, l’altra Callista. Vite SS.

È raro nelle scritture, ma comune nel parlare l’uso di che con particelle pronominali od avverbiali, per a cui, in cui, per cui, da cui, con cui ecc. Un Tizio che l’avoltojo gli mangia il cuore. Eranvi gli Alberighi che furon loro le case ecc. invece di di cui furon le case. Quelli che par loro aver vinto, cioè, a cui pare ecc. La casa che c’era io non arse (cioè in cui era o dov’era). La persona che ci discorro per con cui discorro ecc. ecc.

§ 15. Che con articolo. Che preceduto dall’articolo determinato vale la qual cosa, e si adopera soltanto riferito ad un concetto o ad una proposizione. Io mi veggo senza alcun fallo venir meno; il che mi duole. Boccaccio. – Le commendò molto (le figlie di Messer Neri), confortandolo a maritarle. Del che Messer Neri si scusò. Boccaccio. – Lorenzo gli veniva narrando dei gran fatti di Limonta, al che il giovine si sentiva brillar dentro il cuore. Grossi.

In questi casi può però usarsi anche il semplice che senz’articolo. Gli Uberti si fortificarono nelle case loro. Di che il popolo sdegnato si armò. Machiavelli. Non si userebbe più oggi per che nel senso di per il che o per lo che, potendosi confondere colla congiunzione causale perchè.

Cui non si riferisce mai a un concetto; e perciò è tenuto erroneo il modo per cui nel senso di per lo che. Questo E il cielo della luna: per cui viene a dire Virgilio che l’uomo per benefizio di teologia sopravanza tutte le creature ecc. Da Buti.

§ 16. Che in frasi dubitative o interrogative o esclamative tiene spesso il luogo e il senso di quale dinanzi ad un sostantivo. Maestro mio, or mi dimostra Che gente è questa. Dante. – Vedi, Signor cortese, Di che lievi cagion che crudel guerra. Petrarca. – Io non so che Andruccio, che ciancie son quelle che tu di’ (dici). Boccaccio. – Che peccati hai tu fatto? Boccaccio. – Don Abbondio non sapeva più in che mondo si fosse. Manzoni. – Il Petrarca; Dio buono, che uomo! Salvini. – Sostantivato, vale che cosa. – In che posso ubbidirla? Manzoni. – La giovane cominciò a sperare senza sapere che. Boccaccio.

§ 17. Invece di che o che cosa interrogativo o dubitativo molti adoperano il semplice cosa; ma è più del parlar familiare che dello stile eletto. Dimmi: Cos’è, cos’è che possa piue (più) Fare ai tuoi proci le figure sue? Da Basso. – Cos’è l’uomo se tu lo abbandoni alla, sola ragione calcolatrice? Foscolo. Non si userebbe però bene preceduto da preposizioni, p. es. per cosa mi chiamavi? a cosa li vuoi valer di me?

Si usa pure quello che. Potremo conoscere quello che sia da fuggire. Boccaccio. – Usiamo sempre: tu non sai quello che ti dici invece di che cosa ecc.

Frasi avverbiali con che, divenute congiunzioni, sono frequentissime: perchè, giacchè, dacchè, poichè, eccettochè ecc. ecc.

Che – che in senso distributivo: E donolle, che in gioje e che in vasellamenti d’oro e che in denari, quello che valse meglio d’altre diecimila doble. Boccaccio. – Oggi è raro.

§ 18. Il quale. Ai pronomi dimostrativi (non mai però in senso neutro) corrisponde altresi il pronome relativo puro il quale (coll’articolo determinato), raro assai nel parlar familiare (dove si usa invece che); ma frequentissimo in ogni genere di scrittura.

§ 19. Uso di il quale. Il quale si adopera nei seguenti casi principalmente:

quando il relativo debba usarsi aggettivamente dinanzi ad un sostantivo. Appena due o tre sono oggi in Italia che abbiano il modo e l’arte di scrivere. Il qual numero se ti pare eccessivamente piccolo ecc. Leopardi;

quando si riferisce ad un nome separato da esso per parecchie altre parole; nel qual caso è talvolta utile, per amor di chiarezza, ripetere dopo il pronome, il nome. Ammonisce i novizi e gl’imperfetti nella via di Dio, i quali non hanno ancora i sensi mortificati. Tommaseo. – È assurdo l’addurre quello che chiamano consenso delle genti nelle questioni metafisiche, del qual consenso non si fa nessuna stima nelle cose fisiche e sottoposte ai sensi. Leopardi;

quando il relativo è posposto ad un nome o pronome o verbo, da cui dipende nella medesima proposiz. relativa. Avea trovato (il giudice) tra due litiganti, uno de’ quali perorava caldamente la sua causa. Manzoni. – Era questo uno stanzone, su tre pareti del quale eran distribuiti i ritratti de’ dodici Cesari. Manzoní. – Don Abbondio non si curava di quei vantaggi, per ottenere i quali facesse bisogno d’adoperarsi molto o d’arrischiarsi un poco. Manzoni;

quando la proposizione relativa è staccata notabilmente dalla principale, o dando principio a un nuovo periodo, o ad un membro nuovo del periodo medesimo. Fu in Perugia un giovane, il cui nome era Andreuccio di Pietro, cozzone di cavalli: il quale avendo inteso che a Napoli era buon mercato di quelli .... con altri mercatanti là se n’andò. Boccaccio. – Il fanciullo, come sentito l’ebbe cadere, così corse a dirlo alla donna. La quale, corsa alla sua carnera, prestamente cercò se i suoi panni v’erano. Boccaccio. (Vedi Parte II, nel capitolo delle Proposizioni relative);

quando il relativo deve, per chiarezza, distinguere il singolare dal plurale, e il maschile dal femminile, e viceversa (ufficio, a cui non basta che voce indeclinabile). Dove egli si posa, dintorno a quello si aggirano, invisibili a tutti gli altri, le stupende larve già segregate dalla consuetudine umana, le quali (che o cui sarebbero equivoci) esso Dio riconduce per quest’effetto in sulla terra. Leopardi. – Lascio l’infinita varietà dei giudizii e delle inclinazioni dei letterati, per la quale (per cui sarebbe equivoco) il numero delle persone atte a sentire le qualità lodevoli di questo libro si riduce ancora a molto meno. Leopardi.

Inoltre si usa il quale, quando la sentenza o il periodo abbiano già molti che o cui, onde l’aggiungerne un altro porterebbe oscurità o stento o cattivo suono.

[Dopo ciò, e dopo questo, cotesto, quello usati in senso generico, si deve usare che e non il quale: p. es. ciò che io vi dico, è vero: non affermate quello che non sapete:] [Correzione nelle Giunte a p. 489 Red.]

§ 20. Chi relativo personale differisce dagli altri pronomi relativi, perchè racchiude in sè stesso il dimostrativo corrispondente, ed equivale a colui che. La prima parte (colui) può essere soggetto, oggetto e termine: la seconda (che) regolarmente è soggetto. Chi non ha debiti è ricco. Giusti, Proverbii. – La maldicenza rende peggiore chi parla e chi ascolta e per lo più chi ne è l’oggetto. Manzoni. – Nelle opinioni si considera piuttosto la persuasione di chi crede, che la verità delle cose credute. Manzoni. – Tutt’e due si volsero a chi ne sapeva più di loro. Manzoni.

Si accorda regolarmente col maschile, ma nell’uso parlato anche col femminile. Chi è bella nasce maritata. Giusti, Proverbii.

Si usa anche dopo come invece di colui o quello: Alcuni andavan gettando le lor semente a malincuore, come chi arrischia cosa che troppo gli preme. Manzoni.

È raro che la parte relativa (che) di chi sia oggetto o termine, amandosi meglio sostituire le forme sciolte colui che, uno che. Non son colui, non son colui che credi. Dante. – Pur se ne trovano esempi così negli scrittori come nel vivente parlare. – Io non son forse chi tu credi. Petrarca. – Negasti il suo a chi (a colui al quale) si doveva. Segneri. Non si potrebbe per altro costruire il chi in reggimento diverso da quello, in cui sta colle parole antecedenti, p. es. Parlo di chi (di colui al quale) tu facesti ingiuria.

§ 21. In frasi interrogative. Chi in frasi dichiarative, dubitative, interrogative, esclamative, prende il senso di qual persona sing. e plur. Va su e guarda fuor del muro a piè di quest’uscio chi v’è e chi egli è. Boccaccio. – Chi è la damigella? Boccaccio. – Chi siano o chi non siano, non fa niente. Manzoni. – Così usato chi può essere tanto soggetto, quanto oggetto e termine; p. es. Chi hai veduto? oh chi veggo! Non so chi pregare. Guarda di chi tu hai paura!

§ 22. Chi in senso indeterminato. Chi prende altre volte senso più largo, equivalendo ad uno o alcuno che. Quivi non era chi con acqua fredda le smarrite forze rivocasse. Boccaccio. – Non credi tu trovar qui chi il battesimo ti dia? Boccaccio. – Dinanzi agli occhi mi si fu offerto Chi per lungo silenzio parea fioco. Dante.

In forza di questo senso indeterminato chi si usa talora come indipendente, a maniera di condizionale. Invoco lei che ben sempre rispose, Chi la chiamò con fede (cioè, a qualunque persona che, se alcuno). Petrarca. – Era un chiuso di tavole .... da riporvi, chi avesse voluto, alcuna cosa. Boccaccio. – Ira è breve furore e, chi nol frena, È furor lungo. Petrarca. – Chi non avesse idea della specie de’ bravi, ecco alcuni squarci autentici. Manzoni. – I danari nascosti, specialmente chi non è avvezzo a maneggiarne molti, tengono il possessore in un sospetto continuo del sospetto altrui. Manzoni.

§ 23. Chi .... chi. Ripetuto una o più volte in proposizioni corrispondenti ha il senso partitivo di alcuno .... alcuno. Andavano attorno, portando nelle mani chi fiori, chi erbe odorifere, e chi diverse maniere di spezierie. Boccaccio. – Chi si maravigliava, chi sagrava, chi rideva, chi si voltava, chi si fermava, chi voleva tornare addietro, chi diceva ecc. Manzoni.

§ 24. Il suffisso unque. Il suffisso unque appiccato ai pronomi relativi ne estende ed accresce il significato. Qual-unque nell’uso moderno è sempre aggettivo. A qualunque animale alberga in terra Tempo è da travagliar, mentre il Sol dura. Petrarca. – Quant-unque è antiquato come pronome, ma si usa come congiunzione. Cheunque è affatto disusato. Chiunque si riferisce a persona, ed è sempre sostantivo. Chiunque altrimenti fa; pecca. Boccaccio.

Invece di cheunque antiquato si usa checchè. Deliberò, checchè avvenir se ne dovesse, di privare di questa felicità il prenze. Boccaccio. – Ma nell’uso comune prevale il modo qualunque cosa. Chicchè si adopera soltanto premesso a sia nella parola Chicchessia, qualunque persona.

Talora il semplice chi assume il senso di chiunque. Laddove io onestamente viva, nè mi rimorda d’alcuna cosa la coscienza, parli chi vuole in contrario. Boccaccio.

In verso si usa pure qual nel senso di qualunque, riferito più spesso a persona. Ivi fa che il tuo vero Qual io mi sia, per la mia lingua s’oda. Petrarca. E invece di chi o chiunque. Vidi cose che ridire Nè sa ne può qual di lassù discende. Dante.

§ 25. Relativi coll’avv. mai. Nelle frasi dubitative o interrogative i relativi si rafforzano coll’avverbio mai. Chi mai? Che mai? che cosa mai? qual mai? quanto mai? – Qual fallo mai, qual sì nefando eccesso Macchionami anzi (avanti) il natale? Leopardi.


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