Mercoledì 10 gennaio 2001    scrivimi@mauriziopistone.it    strenua nos exercet inertia    Hor.

CAPITOLO III

Osservazioni sui gradi dell’aggettivo.

(Gramm., Parte II, cap. VIII)

§ 1. Comparativo. Il paragone, espresso dal grado comparativo, può farsi in tre modi: 1º fra due soggetti in una qualità o proprietà comune a tutti e due; p. es. Napoli è più grande di Firenze: 2º fra due qualità o proprietà d’un soggetto stesso: p. es. Firenze è più grande che abitata. Raffaello fu più pittore che architetto. Andreuccio più cupido che consigliato. Boccaccio. 3º fra due qualità in due soggetti diversi; p. es. È più seducente il vizio, che non sia piacevole la virtù. (Vedi la Parte II [più precisamente Parte II cap. VI § 19 Red.]).

Talora il comparativo si fa con l’avverbio meglio equivalente a più; e ciò specialmente nella frase Amar meglio. Amando meglio il figliuol vivo con moglie non convenevole a lui, che morto senza alcuna. Boccaccio.

§ 2. Comparativo assoluto o superlativo relativo. Il comparativo assoluto o, come comunemente si chiama, il superlativo relativo si forma, come vedemmo (Gramm., Parte I, cap. VIII, § 5), premettendo a più o meno l’articolo determinato il: p. es. il più felice uomo di tutti: un ucomo il più felice. Poi vi potete vantare di avere la più bella figliuola, la più onesta e la più valorosa che altro signore che oggi corona porti. Boccaccio. – Prenderai quel cuor di cinghiale e fa che tu ne facci una vivandetta la migliore e più dilettevole che tu sai. Boccaccio.

§ 3. L’articolo determ. può invece premettersi al sostantivo, p. es. l’uomo più felice fra tutti; nel qual caso sarebbe contrario al genio di nostra lingua ripeterlo davanti al più: p. es. l’uomo il più felice ecc. Nell’età sua più bella e più fiorita. Petrarca. – Tra l’altre gioie più care che avea. Boccaccio.

Pure qualche rara volta, o per maggior chiarezza o per maggior forza ed evidenza, sarà lecito ripetere anche davanti a più l’articolo determinato, come si vede ne’ seguenti esempii: Veggo tutte le Grazie ad una ad una, Veggo tutte le Ninfe le più belle. L. Pulci. – Fersi le nozze sotto all’umil tetto Le più solenni che vi potean farsi. Ariosto. – Tutte le femine le più belle gli furono mostrate e recate. Fra Giordano. – S’egli non fosse il vero Dio, sarebbe l’uomo il più perduto, il più perfido, il più nefando che abbia sostenuto la terra. Segneri. – Quest’è l’arte di guadagnare, la più facile insieme e la più sicura. Segneri.

È poi lecita la ripetizione dell’articolo, quando vi si sottintenda ripetuto nn nome come nell’esempio dell’Ariosto, dove si sottintende il nome nozze.

§ 4. Si omette pure l’articolo deteminato nel comparativo assoluto con pronomi o avverbii relativi. Quanto potea più forte ne veniva Gridando la donzella spaventata. Ariosto. – Quando più dolcezza prendeva. Petrarca. – Un luogo dove noi possiamo meglio albergare. Boccaccio.

Pure per eleganza si può talvolta usare anche in questa locuzione l’articolo determinato. Lo fe’ ’l meglio che seppe. Ariosto. – Dio vi dia quell’allegrezza e quel bene che voi desiderate il maggiore. Boccaccio. – Le presenti novellette sono .... in istile umile e rimesso quanto il più si possono. Boccaccio.

§ 5. Superlativo assoluto. Il superlativo assoluto (come i grammatici lo chiamano), quello cioè terminante in issimo, non può regolarmente avere nissun complemento nè con di nè con fra nè con altre parole. Pur si trova costruito dagli antichi e, nello stile più scelto, può costruirsi anch’oggi con qualche complemento. P. es.. Nella egregia città di Fiorenza oltre ad ogni altra italica bellissima. Boccaccio. – La natura umana è perfettissima di tutte l’altre nature di qua giù. Dante.

§ 6. I medesimi superlativi non possono regolarmente congiungersi con avverbii di accrescimento o diminuzione nè con avverbii comparativi. P. es.. molto grandissimo desiderio. Novelle antiche. – Così ottimo parlatore. Boccaccio. – Non fu sì pessima raccolta. G. Villani.

§ 7. Superlativi irregolari. I superlativi irregolari ottimo, pessimo, massimo, minimo, supremo, infimo, estremo, ultimo, preceduti dall’articolo determinato, prendono il senso di superlativi relativi, ed equivalgono a il più buono, il più cattivo ecc. p. es. l’ottimo degli uomini, il massimo de’ pianeti, l’infima delle donne, l’estremo della vita, l’ultimo di tutti. Concludo che l’autunno sia .... l’ottima delle stagioni. Tasso.

Invece di migliore e peggiore, maggiore, minore, si usano spessissimo, nel parlar familiare gli avverbii meglio e peggio e più e meno. Esse sono meglio di te. Ed altri assai che son peggio che porci. Dante. – Della più bellezza e della meno delle raccontate novelle disputando. Boccaccio.

§ 8. Quando i comparativi irregolari divengono sostantivi astratti o neutri, prendono la forma degli avverbii meglio, peggio, più, meno. Rimase l’uno e l’altro mal contento Che non si sa chi avesse meglio o peggio. Berni. – Come dal suo maggiore è vinto il meno.

Saprebbe di antico usare maggiore, migliore e peggiore in questo senso: Vattene per lo tuo migliore. Boccaccio. – Qui sopra abbiam veduto maggiore invece di più. Anticamente si usò anche maggio (E l’altro assai più fiero e maggio. Dante) donde prese il nome la Via Maggio di Firenze.

§ 9. Circoscrizione del superlativo. In luogo del superlativo (assoluto) si può usare l’aggettivo semplice, accompagnato da qualche avverbio di accrescimento; p. es. molto bello, savio oltremodo, sommamente buono ecc. ovvero anche ripetere due volte l’aggettivo stesso, p. es. bianca bianca, duro duro, grande grande (vedi Gramm., Parte II, cap. VIII, § 6). Due occhi neri neri. Manzoni. – Si avverta nondimeno che quest’ultima forma è più frequente nel parlar familiare che nelle scritture, e più in quelle frasi, in cui l’aggettivo così ripetuto si riferisce piuttosto al verbo che al nome, e piglia quasi forza di avverbio: p. es. Ella sen va vuotando lenta lenta. Dante. – Elle si vorrebbono vive vive metter nel fuoco, e farne cenere. Boccaccio. – Con l’altra mano Che lunga lunga ben cento gran cubiti Fino al mio capo estendesi. Alfieri: dove la ripetizione dell’aggettivo è cagione di grande evidenza. – Solo soletto in una piccola casetta, .... si dimorava. Firenzuola. – Zitti zitti nelle tenebre, a passo misurato usciron dalla casetta. Manzoni.

La ripetizione della parola si fa anche talora coi sostantivi, coi verbi, cogli avverbii. Si caccia in bocca stoppa e stoppa e stoppa e ne cava nastro e nastro e nastro. Manzoni. – Sempre si sentiva quell’aspo che girava, girava, girava. Manzoni. – (Una mano) Scarnata lunga lunga, nera nera, Che calava calava minacciosa. Grossi. – S’incamminò in fretta in fretta al convento. Manzoni.

§ 10. Due aggettivi sinonimi invece del superlativo. Altre volte si adoperano, pure in forza di superlativo, due aggettivi sinonimi, il secondo de’ quali esprime più del primo; e ciò dà luogo a molte locuzioni, frequenti non tanto nelle nobili scritture, quanto nello stile umile; p. es. allegro e contento, pieno zeppo, ubriaco fradicio, stracco morto, ritto impalato, sudicio lercio, magro stecchito, sano e salvo, unto bisunto, povero scannato, vivo e verde (per metafora), fradicio mézzo. Sempre lieto e contento sono vivuto e vivo. Passavanti. – E poi quell’abito Rotto sdrucito. Giusti.

§ 11. Similitudini invece del superlativo. Altre volte, in fine, per ritrarre alla fantasia un grado molto elevato di qualche qualità, si usano certe brevi similitudini che recano al discorso più evidenza; p. es. bianco come neve, nero come un carbone, bello come un angelo, splendido come un sole, lesto come un gatto, bianco come un panno lavato, pulito come una mosca ecc. ecc. A me pareva .... aver presa una capriuola .... e pareami che fosse più che la neve bianca .... E mi pareva che .... uscisse, non so di che parte, una veltra nera come carbone. Boccaccio. (Vedi altri esempii nel cap. seguente, § 2.)


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