Su it.cultura.linguistica.italiano Elrond ha scritto:
La lingua, parlata o scritta, è come un abito; di un abito non ha senso dire «elegante»: sono le persone che sono eleganti.
«Che cravatta mi metto?»
«Mettiti quella che vuoi. Se sei una persona elegante, qualunque cravatta ti starà bene, se non sei una persona elegante, qualunque cravatta ti starà male».
«Tante grazie, lo so, ma adesso ho bisogno di vestirmi. Se fossi un burino, sarei convinto, come tutti i burini, di essere bellissimo, e non ti chiederei consigli. Se fossi Lord Brummel, sarei io a darteli. Ma io sono una persona qualunque; mi sentirei imbarazzato se andassi ad un incontro di lavoro con la cravatta con gli elefantini rosa, e non mi metterei la cravatta regimental per un’abbuffata di fine settimana. Ma adesso, con questo vestito, con questa camicia, per quest’occasione, che cosa è meglio?»
«Non voglio essere prescrittivo. Al massimo posso osservare qual è l’uso corrente. Ecco, quello ha una giacca bordò e una cravatta lilla...»
«Che orrore!»
«È un tuo giudizio soggettivo: vale tanto quanto il suo. Guarda, quell’altro ha una giacca a scacchi e una cravatta scozzese...»
«A me hanno sempre detto che una cosa così non si deve fare».
«Non dobbiamo inchinarci sempre alle autorità. E poi, che autorità? Chi te l’ha detto?»
«Ehm ... la mia mamma ... anche la mia ragazza ...»
«Vorrei sapere che competenza hanno in proposito. Qui non si tratta di fare come le maestrine, questo si fa quest’altro non si fa, giù una rigaccia rossa, ma di avviare una discussione sull’abbigliamento come veicolo di messaggi, sullo status, sull’habitus, sul trend...»
(Pausa)
Una voce bisbiglia al telefono. «Scusa Luisa, devo andare ad una cena con il capo, ma non so che cravatta mettermi»
«Mettiti quella della Juve, lo farai felice».
P. S. Mi sono messo la cravatta l’ultima volta un quarto di secolo fa. Non ne possiedo neanche una.